Riceviamo e pubblichiamo.
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Gentile direttore,
ho letto lo scritto di Alberto Deninotti, sindaco di Marene.
Vorrei provare a rispondere al sindaco, con ancora negli occhi e nel cuore i volti dei giovani studenti e studentesse oggi presenti al partecipatissimo sciopero cuneese.
Il succo del suo intervento è una richiesta di de-politicizzazione della società: lo sciopero deve riguardare solo il lavoro in quanto tale; la scuola deve impartire nozioni e basta. Io penso al contrario che la nostra scuola (e la nostra società) abbiano bisogno di più politica, non meno.
Dobbiamo innanzitutto definire politica. Il sindaco ha pochi anni meno del sottoscritto, ma io ricordo di essere cresciuto nell’onda lunga del movimento altermondialista (quello di Genova 2001, per capirci) quando si diceva che “si fa politica anche quando si fa la spesa”.
Quindi un’idea di politica che non si riduce al momento elettorale (e se anche la intendessimo in questo modo c’è poco da stare allegri, vedendo come si abbassa l’affluenza al voto di elezione in elezione) ma è formazione, discussione, incontro, manifestazione e tanto altro.
La politica è sparita per lungo tempo dalle discussioni quotidiane, anche per responsabilità di classi politiche autocentrate e impermeabili ai bisogni reali delle persone. In generale è prevalsa l’idea che era meglio non parlare di politica, tanto meno farla, lasciandola ai soliti noti: si evitano discussioni, mal di pancia, perdite di tempo.
Anche la scuola non è rimasta immune a questa trasformazione: si è confusa la propaganda di partito con la politica, ripetendo il mantra “non si fa politica a scuola”. Ma fare politica a scuola significa educare i ragazzi e le ragazze alla discussione, a saper leggere l’attualità, anche criticamente, informandosi su cosa accade vicino e lontano.
Le intollerabili e drammatiche immagini di Gaza hanno scosso larghi settori dell’opinione pubblica, hanno rotto l’incantesimo e stanno segnando un cambiamento: si torna a fare Politica, parlando, discutendo, boicottando, manifestando e sì, anche scioperando.
In questo caso si chiede che vengano interrotte le relazioni economiche e politiche con Israele. Inutile fare educazione civica a scuola o ricordare l'Olocausto il 27 gennaio quando stiamo assistendo in diretta a un genocidio. Non possiamo farlo passare sotto silenzio o, peggio, nell'indifferenza.
Gli scioperi, come la politica, non si dovrebbero fare solo per rivendicare qualcosa per sé, ma cercando un miglioramento per tutte e tutti.
Come ci insegnava Don Lorenzo Milani “ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne da soli è l'avarizia, sortirne insieme è la politica”.
Questa per me è la migliore politica, quella del “buon senso”: i problemi degli altri sono anche i nostri, e dobbiamo affrontarli insieme.
Alessio Giaccone, insegnante





