Politica - 28 settembre 2025, 06:05

CONTROCORRENTE Aridatece le preferenze, sono un diritto del cittadino-elettore!

La nuova legge elettorale in discussione prevede l’abolizione dei collegi uninominali, delle liste bloccate e un premio di maggioranza per la coalizione più votata. Bene le preferenze, purchè siano “plurime” e garantiscano le indicazioni di genere

Per ogni livello istituzionale, Comune, Regione, Parlamento c’è un diverso sistema elettorale e, nel frattempo, l’astensionismo è andato crescendo a dismisura.

Anche per gli addetti ai lavori districarsi in questi anni tra “Mattarellum”, “Porcellum” e “Rosatellum” è stato un busillis.

Il sistema elettorale – è bene ricordarlo - non è solo un fatto tecnico-giuriudico, ma ha conseguenze che incidono in maniera pesante sul diritto del cittadino-elettore e dunque sul funzionamento stesso della democrazia rappresentativa.

 La normativa attuale con liste bloccate – stiamo parlando di elezioni politiche – ha di fatto consegnato alle oligarchie dei partiti, siano essi di destra, di centro o di sinistra, il potere di stabilire chi mandare in Parlamento.

Il cittadino-elettore è stato privato di qualsivoglia diritto: può soltanto scegliere il partito.

Se volessimo usare un’iperbole potremmo dire – non lontano dalla verità – che si tratta di “nomina” più che di “elezione”.

Se un candidato è collocato nelle prime posizioni di lista ha buone possibilità di essere eletto; se in coda sa da subito che la sua sarà una mera testimonianza. Al più verrà ricompensato dal partito (se il responso delle urne sarà stato favorevole) con la nomina in qualche ente o società partecipata, a mo’ di premio di consolazione.

Non osiamo immaginare quali battaglie scatenerebbe oggi Marco Pannella, che della partitocrazia è stato acerrimo avversario, di fronte allo stato delle cose.   

Non siamo comunque così sprovveduti da ritenere che il ritorno alle preferenze rappresenti la panacea dei mali della politica-partitica così com’è andata disegnandosi in questi ultimi anni, tuttavia è pur sempre un apprezzabile correttivo.

Sia da destra che da sinistra si concorda nel considerare che c’è stato un decadimento della classe parlamentare, dopodiché nessuno finora aveva mai mosso un dito per porvi rimedio perché lo statu quo tornava utile a tutti.

Il sistema – va detto senza infingimenti - fa comodo al segretario di partito di turno, che piazza i suoi fedelissimi in buona posizione perché garantendo loro garantisce anche (e soprattutto) se stesso e il suo cerchio magico.

Il deputato e il senatore, un tempo espressioni del territorio, sanno che il loro destino, la loro carriera, dipendono da chi le liste le compone per cui sono più attenti alle manovre dei Palazzi romani che alle esigenze delle aree da cui provengono.

 I detrattori del ritorno alle preferenze sostengono che c’è il rischio di “cartelli” e del mercimonio di voti, che andrebbe a vantaggio di chi può permettersi di spendere per affrontare la campagna elettorale.

L’osservazione non è peregrina, ma per decenni – quando c’erano i partiti di massa  e per restare in casa nostra si votava nella circoscrizione Cuneo-Asti-Alessandria – a memoria non si ricordano vizi di questa natura.

Certo c’erano le correnti, c’era il leader che “trascinava” qualcuno, ma era anche una modalità che consentiva il ricambio.

Bene, dunque, le preferenze purché siano “plurime” e garantiscano le indicazioni di genere.

Se si va nella direzione di riassegnare un ruolo rilevante al territorio nella scelta dei candidati, si tratta pur sempre di un primo, timido passo per provare a curare la disaffezione verso le urne.

Partendo dal presupposto che un sistema elettorale perfetto non esiste, non si può non convenire che peggio di quello attuale è difficile ipotizzarlo.

Giampaolo Testa