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Economia | 10 ottobre 2024, 07:12

Calo produttivo da milione e mezzo di casse preoccupa i 330 addetti della Diageo di Santa Vittoria d’Alba

Lavorazione spostata nel Regno Unito, mentre a luglio la multinazionale ha ceduto a Montenegro lo storico marchio di rum Pampero

Lo stabilimento ex Cinzano, nell'omonima frazione di Santa Vittoria d'Alba

Lo stabilimento ex Cinzano, nell'omonima frazione di Santa Vittoria d'Alba

Un milione e mezzo di casse da 9 litri di distillati che non saranno più confezionate nello stabilimento ex Cinzano, ma che prenderanno la via del Regno Unito, per venire prese in carico da un altro sito produttivo parte della multinazionale nata nel 1997 dalla fusione tra la britannica GrandMet e l'irlandese Guinness Plc

Una riduzione che vale più del 10% delle 14 milioni di confezioni lavorate annualmente negli storici impianti ai piedi di Santa Vittoria d’Alba (nel 2015 il premio come migliore stabilimento dell'intero gruppo), aggiungendosi alla contestuale fine dei due anni di produzione residua del liquore Picon, che due anni fa era stato venduto alla Campari con l’accordo di imbottigliarlo ancora in provincia di Cuneo per 24 mesi, e la recente cessione di un altro importante marchio, il venezuelano Pampero, "primo rum in Italia per volume, con una forte presenza in tutta Europa", che a luglio è passato nelle mani del gruppo Montenegro

"La vendita di Pampero dimostra il nostro approccio oculato e strategico nell’allocazione del capitale. Ci permetterà di concentrarci sulle aree di forza del nostro business e di accelerare sul nostro obiettivo: essere una delle aziende di prodotti di consumo più performanti, affidabili e rispettate al mondo", aveva dichiarato contestualmente all’operazione il presidente di Diageo Europa, John Kennedy

Una rivendicazione sulle strategie decise dalla multinazionale degli "spirits" che però non lascia completamente tranquilli i suoi circa 350 addetti cuneesi

Seguita alla scelta di trasferire le lavorazioni del comparto vino, l’ultima ristrutturazione aziendale, nel 2017, aveva visto l’addio di una sessantina di lavoratori, incentivati all’uscita dopo una vertenza che aveva coinvolto le autorità del territorio e che si era giocata anche su tavoli quali quello portato in Ue da un Alberto Cirio allora europarlamentare. 

Memori di allora, le sigle del comparto alimentare Fai Cisl, Flai Cgil e Uila Uil sperano che il calo delle commesse non debba riflettersi oltre il rallentamento produttivo ventilato nell’ultima informativa sindacale di settembre, con l’ipotesi di alcuni fermi produttivi da farsi il venerdì e compensarsi col ricorso alle ferie o alla formazione. Se ne saprà di più coi prossimi confronti già in agenda tra i vertici dell’azienda e gli stessi sindacati. 

Ezio Massucco

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