Se c’era una storia veramente speciale che la giornata di domenica 29 settembre poteva lasciarci, questa lo è senza dubbio.
Parliamo di Ilaria Alasia, una giovane donna di Sommariva del Bosco, che ha vinto la grave malattia che l’affliggeva, grazie a un incontro straordinario con la fede e la speranza.
La sua testimonianza al termine della Messa celebrata da don Enzo Torchio nel Santuario della Madonna dei Fiori di Bra, ha toccato i cuori e le menti di tutti coloro che erano presenti, servendo come potente simbolo di speranza e rinascita.
Lunghe terapie, visite mediche, ricoveri, interventi chirurgici, un calvario che sembrava interminabile. Ma lei intanto pregava e chiedeva di pregare, una richiesta che a cerchi concentrici si era estesa a tutta la comunità. Fino al sospiro di sollievo.
Oggi Ilaria è rinata, suona la chitarra in chiesa e continuerà a lottare con ancora più grinta per realizzare i propri sogni, dimostrando che anche nelle circostanze più oscure, la luce può sempre brillare intensamente.
In un mondo spesso afflitto da difficoltà e incertezze, la sua storia ci ricorda che ogni giorno porta con sé la possibilità di un miracolo, che l’impossibile potrebbe rivelarsi possibile quando meno ce lo aspettiamo.
Ma cos’è successo precisamente? Ecco, dunque, il suo racconto.
"Mi chiamo Ilaria e dal 2018 faccio parte del gruppo Santissima Trinità, che è parte del Rinnovamento nello Spirito e che ha sede nel Santuario della Madonna dei Fiori. Nella domenica in cui cade la memoria dei Santi Arcangeli, ringrazio il Signore per la vita che mi è stata ridonata.
La mia esperienza inizia un anno e mezzo fa, quando nel mese di marzo 2023 un mattino mi sveglio con un bruciore sotto al seno sinistro e noto una piccola ciste. Passano le settimane, questo bruciore aumenta, la ciste si infiamma, diventa violacea e si ingrandisce. Inizio a fare dei controlli e in poco tempo si arriva alla diagnosi di carcinoma infiltrante triplo negativo, un tumore molto aggressivo e pericoloso per la vita. Ringrazio il cielo che in quel momento, nello studio medico, ci fosse anche la mia amica Teresa, perché al sentire le parole del dottore la mia mente si paralizza.
La memoria torna al 2013, anno in cui mia mamma muore di tumore al pancreas ed io, per il grande dolore, smetto di credere nella medicina e mi allontano dalla Chiesa. Solo parecchi anni dopo, mi riavvicinerò alla Chiesa e ai sacramenti.
Questa volta capita a me una grande prova, proprio nel momento in cui stavo riscoprendo la fede, e la paura ha il sopravvento. Ben consapevole del mio problema e dell’impossibilità di una risoluzione senza intraprendere la strada della chemioterapia, inizio controvoglia le cure e in contemporanea i fratelli e le sorelle del gruppo, insieme ai numerosi fedeli, devoti di questo Santuario e alla vicina comunità delle Clarisse, iniziano a pregare per me e per i medici che mi seguono. Ed è proprio in questo periodo che la presenza viva e attiva dello Spirito Santo inizia a farsi sentire.
Se da un lato i medicinali mi tolgono le forze che mi permettono di essere autosufficiente, dall’altro il Signore mi dona l’aiuto di medici attenti e scrupolosi e dei fratelli: la coordinatrice del gruppo, Teresa, mi ospita per due mesi a casa sua, trovo persone di fiducia che mi affiancano negli spostamenti, da e per l’ospedale e, quando torno a casa, continuano ad aiutarmi.
Le difficoltà si sentono, queste cure sono risolutive per le cellule malate, ma anche invasive per quelle sane, soprattutto per quelle del sistema immunitario. Così, durante lo scorso inverno, per consiglio medico, sono costretta a rimanere in casa da sola, con pochi contatti con il mondo esterno.
Proprio nei momenti di sconforto, che sono inevitabili con la malattia, l’essere parte del gruppo del Rinnovamento, mi è di grande aiuto per non cadere in depressione. Grazie ai media online, posso seguire a distanza le riunioni settimanali e organizzare il Seminario di vita nuova nello Spirito per i nuovi fratelli del gruppo.
Nel preparare una riflessione, leggendo il Catechismo della Chiesa Cattolica, la mia attenzione cade sul ricordo della sofferenza di Gesù nell’orto degli ulivi e della sua ultima notte passata in preghiera. Avrebbe desiderato il conforto dei discepoli, ma essi dormivano.
Ed è proprio in quel momento che dentro di me è scattato qualcosa che mi ha ridestata dallo stesso torpore. Mi sono vista riversa sulla mia situazione, bloccata ed impaurita, cieca alla vista di Gesù che, poco lontano da me, soffriva per la mia incapacità di vedere tutto ciò che Lui stava facendo per me. In quel momento, mi sono accorta che non ero sola come credevo, ma vicino a me c’era un sacco di gente pronta ad aiutarmi, a soffrire per i miei momenti di difficoltà e a gioire per i miglioramenti. Mi sono accorta che la paura che avevo, altro non era che una manifestazione del mio egoismo, perché in fondo io non volevo soffrire.
Così ho iniziato ad offrire le mie difficoltà per la conversione dei peccatori e per la guarigione delle molte persone in tutto il mondo che stavano peggio di me e a pregare attraverso la lode e l’invocazione dello Spirito Santo; in questo modo la mia strada in salita, è divenuta sempre meno pesante e difficile. Così ho terminato i due cicli di chemioterapia che hanno portato alla remissione totale del carcinoma. Con l’intervento, seguito da un ciclo di radioterapia, sono stata dichiarata fuori pericolo.
Per il magnifico risultato ottenuto, sono qui con voi, per ringraziare tutti i medici e gli infermieri dell’Ospedale di Verduno e i medici di base che mi hanno seguita passo dopo passo in questi mesi, intervenendo magistralmente in tutti i momenti di difficoltà incontrati. Ringrazio i miei parenti, in particolar modo la mamma di mia cognata, mia cugina Milena, Teresa e la sua famiglia, Agnese e Margherita, i fratelli e le sorelle del gruppo, oltre ai fedeli del Santuario che non hanno mai smesso di pregare per me.
Ringrazio, inoltre, le mie ex colleghe di lavoro e tutte le persone che mi hanno aiutata e ancora oggi mi sono vicine. Ma in particolare il mio grazie più grande va alla Vergine dei Fiori, la cui presenza ho sentito vicino a me come una Madre e che, come accadde a Egidia Mathis nel 1336, ha ascoltato il grido di una sua figlia e in suo soccorso è intervenuta".