“Dalla finestra ho visto una signora camminare lungo la strada con qualcosa in mano: mi sono incuriosita e l’ho seguita con lo sguardo. Ho notato che poggiava qualcosa nell’erba, sul ciglio della strada. Sono andata sul posto e ho visto una busta di plastica, con sopra una pappetta di colore bianco. Io possiedo un cane ed ero preoccupata”. È iniziato con queste parole il procedimento a carico di una donna di San Michele Mondovì che deve rispondere di fronte al tribunale di Cuneo di maltrattamenti su animali.
A parlare per prima è stata la testimone che nell’aprile di due anni fa, dopo aver osservato i movimenti della signora, si era decisa a telefonare alle autorità per segnalare quello che per lei sarebbe stato un comportamento sospetto. A seguito degli accertamenti da parte dei carabinieri Forestali, quella pappa che si credeva fosse avvelenata, in realtà conteneva clotiapina, principio attivo di un farmaco antipsicotico usato come calmante.
L'imputata, ascoltata in udienza, ha ammesso di averne in casa e che il suo gesto in realtà era stato mosso da una totale buonafede: “Da due giorni vedevo girare un gattino intorno a casa - ha spiegato - era sempre in mezzo alla strada. Era un affarino piccolo così e io non riuscivo a prenderlo, passavano le auto ed era preoccupata. Per questo ho messo le gocce nella pappetta, poi sono riuscita a buttargli addosso un asciugamano e a prenderlo”.
Come raccontata dalla signora, il cui amore per gli animali è diventato il suo lavoro, il micio “era affamato, avrà avuto un mese sì e no - ha continuato- qualcuno lo avrà buttato sul ciglio della strada come fanno sempre, perché sanno che c’era il canile. Era molto debilitato a casa gli ho dato da mangiare, l’ho spulciato e sverminato. Poi l’ho affidato alla moglie di un amico”.
Stando però a quanto riferito il maresciallo le buone intenzioni non basterebbero a scagionare l'imputata: “L’uso di farmaci a uso umano sugli animali - ha illustrato- è un’eccezione basata su due presupposti: deve esserci una patologia che crea sofferenza e non deve esistere un farmaco veterinario analogo per la cura della patologia”. Secondo il militare “il solo ritrovamento qualificava quella pappa come un’esca ed era già una violazione - ha concluso-. È stato appurato tramite il veterinario che, se somministrato da persone inesperte con dosaggi inappropriati, il farmaco può provocare controindicazioni, soprattutto se l’animale ha altre patologie”.
Una conclusione, questa, che non ha trovato riscontro nell’opinione della veterinaria nominata come consulente della difesa, secondo cui l’effetto gli effetti collaterali del principio attivo non supererebbero un live stordimento.
La prossima udienza, ad ottobre.