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Schegge di Luce | 22 settembre 2024, 08:06

Schegge di luce: pensieri sui Vangeli festivi delle Sorelle Clarisse di Bra

Commento al Vangelo del 22 settembre, XXV Domenica del Tempo Ordinario

Le Sorelle Clarisse di Bra

Le Sorelle Clarisse di Bra

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.

Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti».

E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato» (Mc 9,30-37).

Oggi, 22 settembre, la Chiesa giunge alla XXV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B, colore liturgico verde).

A commentare il Vangelo della Santa Messa sono le Sorelle Clarisse di Bra.

Amore, vita, valori, spiritualità sono racchiusi nella loro riflessione per “Schegge di luce, pensieri sui Vangeli festivi”, una rubrica che vuole essere una tenera carezza per tutte le anime in questa valle di esilio. Pensieri e parole per accendere le ragioni della speranza che è in noi.

Eccolo, il commento.

Ci sono dei momenti in cui si deve decidere: rinnovare la fiducia in chi si è scelto, e quindi anche continuare nella direzione che lui ha stabilito, accettandone il rischio, oppure metterlo subito da una parte, convinti che ci avrebbe portato a un risultato sicuramente negativo. Succede per esempio con l’allenatore che ha cambiato modulo di gioco e la squadra non ha ancora assimilato… e lo si vede bene dai risultati. Succede con una guida che punta su un sentiero decisamente nuovo e sicuramente impegnativo.

Nasce così il dubbio: la sua sarà una mossa vincente, oppure siamo ancora in tempo per metterlo alla porta e prendere noi il timone della barca prima di andare incontro a sicuro naufragio?

Così è stato per i discepoli: dopo aver ascoltato per la prima volta le dure parole di Gesù sulla sua passione imminente, che cominciano a scalfire le speranze di gloria, i discepoli camminano a gruppetti per le strade della Galilea cercando di non pensarci. La mente si rifiuta di accettare, il cuore trema, e così si scherza, si parla d’altro, qualcuno assorto tace. Nessuno osa chiedere di più.

Il gruppetto più lontano si mette a discutere: chi tra noi è il più grande? Il migliore? Non hanno capito nulla! Gesù, che conosce il cuore dell’uomo e i suoi timori, rientrati in casa, compie un gesto pedagogico meraviglioso: pone “in mezzo” un bambino, ossia - al tempo di Gesù - ciò che agli occhi degli uomini non contava assolutamente nulla.

L’accoglienza di un bambino, ovvero dell’ultimo elemento della società, diventa la discriminante per il proprio rapporto e comunione con Dio, per una vita riuscita, per vivere la grandezza massima. Dunque, la strada più breve per arrivare a Dio passerà sempre dal fratello; mettersi nelle mani di Dio significa porsi nelle mani dell’altro, perché mettersi nelle mani degli altri si chiama amore, mettere gli altri nelle proprie mani è chiamato potere.

Il dramma è che a volte pensiamo di essere potenti, perché abbiamo qualcuno nelle nostre mani, alle nostre dipendenze, vincolati ai nostri legami. Saranno sempre gli altri a salvarci o dannarci, secondo la relazione che intessiamo con loro. Ma occorre stare attenti, qui si parla di accoglienza, non di elemosine. Vivere da fratelli non è tanto fare delle cose per l’altro, ma accogliere l’altro, così com’è, nella sua oggettività. E accogliere l’altro, il più delle volte, significa non far nulla per l’altro. I poveri, i reietti, gli emarginati, hanno più bisogno di essere accolti che avere una mano riempita da qualcosa. In fondo, noi tutti abbiamo più bisogno di un cuore che ci accolga così come siamo, nella nostra più profonda verità, che di qualcuno che ci dimostri il suo bene facendo qualcosa e donandoci i suoi beni. Questo è essere davvero grandi, come Lui.

Silvia Gullino

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