Risalgono a 250 milioni di anni fa e sono più antichi dei dinosauri, appartengono agli arcosauri della famiglia dei coccodrilli, i fossili ritrovati 16 anni fa sull'altopiano della Gardetta in alta valle Maira a 2200 metri di altitudine. E oggi stanno sgretolandosi. L'allarme è stato lanciato dal geologo e guida naturalistica Enrico Collo, anche consigliere di minoranza del Comune di Canosio, sui suoi canali social, dove ha riportato le immagini con l'evidente stato di frantumazione delle impronte.
Lo strato superiore con le onde rappresentava la “fotografia” autentica dell'era geologica del triassico, testimonianza diretta ed inconfutabile che lì un tempo ci fosse il mare.
Nel 2001 l'altopiano è stato riconosciuto patrimonio geologico italiano, anche grazie alla partecipazione alla stesura della candidatura dello stesso Collo.
Un bene storico sotto la tutela della Sovrintendenza dei Beni Archeologici di Torino, che secondo Collo avrebbe fornito alcune prescrizioni da eseguire da parte del Comune di Canosio “con progetti, come la riproduzione dei calchi, che oggi si fanno in 3D e laser. L'ultima richiesta risale al 2021 senza che nulla sia stato fatto e via via sta scomparendo. Sono di nuovo passati 4 anni e le impronte sono state dimenticate, lasciate a sgretolarsi con la corrosione naturale”.
Così come quelle del 2008 (scoperte con l'Università di Genova) stanno sgretolandosi anche le impronte scoperte (grazie all'associazione Escarton, che ha coinvolto il Museo dei Fossili di Bernezzo e l'Università di Torino, Università di Genova e Zurigo che avevano aiutato nei primi lavori di riconoscimento delle impronte, la Sapienza di Roma, la Società Geologica Italiana, il Museo di Scienze Naturali di Trento) nel recente 2017.
Nel 2020 si sono conquistate la prima pubblicazione su riviste scientifiche internazionali, dove una ricerca ha riscontrato che come quelle impronte non ne erano mai state ritrovate da nessun'altra parte nel mondo, motivo per cui portano il nome della Gardetta.
“La Gardetta – spiega Collo, che ne ha riportato la storia nella sua tesi di laurea - all'epoca era un deserto in riva ad un oceano, dove con la bassa marea diventava territorio di caccia.
Le prime impronte (quelle del 2008 – ndr ) risalgono a un branco di 5 esemplari lunghi 3 metri che camminavano sulla riva, a cui si è aggiunta una seconda specie di un rettile lungo 5 metri. Rettili di specie diverse che non si predavano l'uno con l'altro, la loro fonte di cibo proveniva dal mare stesso”.
In quanto alla tutela di un tale patrimonio il sindaco di Canosio, Domenico Vallero, già si era attivato un paiodi mesi quando isede di Consiglio comunale aveva richiesto un tavolo di lavoro congiunto tra le parti interessate per un'ottimizzazione dei flussi turistici e del suo mantenimento.
Sono in corso delle interlocuzioni con i docenti universitari torinesi che dietro autorizzazioni della Sovrintendenza avevano provveduto a ricoprire le impronte propri per preservarne la decomposizione.
“L'Amministrazione comunale è aperta a tutte le soluzioni – dichiara Vallero -. Tra le prescrizioni indicate dalla Sovrintendenza, dal luglio 2021, risultava la preventiva richiesta e successiva loro autorizzazione per qualunque attività o progetto, compresa quella turistico-escursionistica praticata dallo stesso Collo a pagamento su una proprietà privata. Per adempiere alla prescrizione di limitare l'accesso abbiamo sempre disposto dei divieti al transito veicolare. Il sito, inoltre, non è così facilmente accessibile, riconoscibile ed individuabile se non accompagnati necessariamente da chi sa dove si trova. Sicuramente faremo tutto il possibile per tutelare un tale patrimonio e nei prossimi giorni intendiamo costituire un tavolo di lavoro”.