Il periodo degli sconti e delle offerte si è chiuso ieri, avviando così i primi bilanci anche per il Cuneese. Tra le prime impressioni emerge un lieve segnale positivo, che però non soddisfa appieno i commercianti.
“Conclusi i saldi invernali – ha spiegato Roberto Ricchiardi, presidente di Federazione Moda Italia-Confcommercio-Imprese per l’Italia-della provincia di Cuneo –, dai primi riscontri risulta una situazione in chiaro-scuro per i negozi di vicinato e la distribuzione in generale. La riduzione delle disponibilità finanziarie delle famiglie – precisa Ricchiardi –, a causa dei rincari energetici e delle spese fisse sempre maggiori, tolgono possibilità di spesa. Consideriamo anche una stagione invernale a dir poco anomala con temperature tutt’altro che rigide”.
A incidere sulla scarsa corsa all'affare, quindi, i rincari delle bollette, scattate proprio a gennaio con l'avvio dei saldi, e l'inversione climatica che ha fatto registrare temperature miti atipiche per il periodo, passato alla storia come uno degli inverni più caldi.
Dai primi riscontri sul piano nazionale il mese di gennaio si è chiuso con –4,5% medio, con il 55% delle imprese che ha dichiarato un calo, il 26% ha avuto un incremento e il 19% sui livelli del 2023.
Leggermente migliore il dato di febbraio, mese che però prevede una scontistica maggiore e ridotta marginalità per le imprese.
In attesa dei dati definitivi, anche per la provincia di Cuneo la soddisfazione tra i commercianti è piuttosto tiepida e non esattamente ottimista. C'è da tener conto della tendenza generalizzata dell'ultimo periodo a un minor ricorso al saldo invernale.
“In sintesi – ha concluso Ricchiardi – i saldi rappresentano una boccata d’ossigeno per molte aziende che da tempo vivono una situazione di forte difficoltà condizionata dalla consistente riduzione della domanda, risultando quindi chiara la necessità di sostegni a favore delle imprese che vivono di stagionalità e proposte di moda temporali e ridiscussione dei rapporti contrattuali con le aziende produttrici”.
Per contro, l'abbigliamento da bene primario negli anni del Dopoguerra, oggi è diventato quasi uno sfizio, di cui poter far a meno. Ma non sarebbe l'unico comparto a risentire della scarsa adesione alle scontistiche, aprendo così a una riflessione più ampia.