Langhe - 22 febbraio 2024, 17:52

Report denuncia irregolarità sul vino, ma generalizza e l’Onav replica: “Conoscenza approssimativa della materia”

A essere indicati come fattori di omologazione e finire al centro della polemica i “lieviti selezionati”

 

Con la puntata di Report andata in onda  su Rai 3 domenica 18 febbraio si completa l’inchiesta “Piccoli chimici” sulle invasive e poco trasparenti pratiche enologiche che avrebbero impiegato alcune cantine vitivinicole, in particolare nella zona del Pavese. La trasmissione contesta l’impiego di uve di qualità scadente che, opportunamente “corrette”, ottengono parametri migliorati artificialmente così da rientrare nelle norme previste per la vinificazione e commercializzazione come vini a denominazione.

Nell’ambito dell’inchiesta giornalistica “Il nemico in casa”, la trasmissione parla della produzione di vino naturale, ottenuto mediante fermentazione spontanea del mosto e di vino “convenzionale”, per la produzione del quale interviene il supporto della chimica alimentare, con l’uso di tecnologie che permettono di ottenere sapori definiti standardizzati. In particolare, sono i cosiddetti “lieviti selezionati” a essere indicati come fattori di omologazione e finire al centro della polemica.

La prima parte dell’inchiesta della trasmissione di Rai 3, “Piccoli Chimici”, risale al 17 dicembre e da subito ha raccolto aspre critiche. Dopo la messa in onda, domenica scorsa, di “Il nemico in casa”, interviene l’Organizzazione Nazionale Assaggiatori di Vino per fare chiarezza sui contenuti presentati da Report che ritiene imprecisi e fonte di cattiva informazione, non senza una vena polemica: “Dobbiamo ringraziare Report perché le due puntate dedicate al vino offriranno materiale di studio per i corsi di Enologia e Viticoltura, distinguendo il vero dal falso dal punto di vista scientifico”. Nel comunicato diffuso, il presidente del Comitato Scientifico ONAV, professor Vincenzo Gerbi, puntualizza alcune informazioni divulgate dal programma e ritenute fuorvianti per l’ascoltatore. “I lieviti usati in enologia non sono frutto di strani artifici e sono isolati sempre dalle uve o dal vino, come tutti gli altri. Il vantaggio è la capacità di ottimizzare il processo della fermentazione”. Vale a dire: l’intervento di lieviti selezionati permette di esaltare i caratteri olfattivi già presenti nell’uva.

Alla trasmissione giornalistica si contesta la generalizzazione su temi molto diversi fra loro, navigati con approssimazione. Sebbene dall’inchiesta siano state smascherate situazioni opache che meritano di essere approfondite per l’eventuale contestazione di reati, come nel caso dell’annacquamento del vino, al momento di affrontare dal punto di vista specialistico le tecniche di fermentazione sarebbero emerse inesattezze, tali da mettere in allarme alcuni consumatori. Non solo legale, ma assolutamente legittimo impiegare lieviti selezionati per esaltare le caratteristiche dell’uva. Una scelta sensata dal punto di vista enologico, e non un “trucco” per l’omologazione dei mosti.

In cantina nessuno fa miracoli, certamente i lieviti non possono tirare fuori un vino di qualità da uve inadeguate”. A specificare ulteriormente sulla questione dei lieviti interviene Maurizio Gily, dottore agronomo e giornalista di viticoltura, che spiega anche: “Lieviti indigeni e lieviti selezionati non sono termini antitetici. Si può infatti selezionare un lievito dal territorio, dalla propria cantina, e poi impiegarlo nella fermentazione. Uno dei primi lieviti di questo genere – Lievito BRL97 – è stato selezionato dall’Università di Torino da una cantina di Barolo e poi riprodotto e messo in vendita da Lalvin. Un esempio perfetto di lievito indigeno, del territorio, selezionato”.

Spiega Gily che non c’è nulla di artificioso, i lieviti sono sempre selezionati da fermentazioni spontanee, assolutamente naturali, presenti nei terreni, e quelli che hanno caratteristiche positive vengono selezionati e commercializzati. Pertanto un produttore opta per la fermentazione spontanea o con inoculo sulla base di una scelta puramente tecnica. L’uso di mosti di avviamento selezionati non è sinonimo di qualità inferiore del prodotto ed è altrettanto vero che nulla garantisce siano migliori le fermentazioni spontanee.

Diverse voci del mondo della viticoltura hanno ritenuto necessario fare chiarezza per aiutare il consumatore a non cadere in errore sulla base di informazioni ritenute fuorvianti. “Certamente le frodi esistono. Report conduce inchieste a riguardo, ma se si presenta la necessità dispiegare come si fa il vino, di fare divulgazione tecnica, è opportuno avvalersi del supporto di una consulenza scientifica esperta, per evitare di creare confusione o cadere in errore”, conclude Gily.

Toni rassicuranti mantiene il consigliere con delega all’Agricoltura, Tutela e sviluppo nel settore agroalimentare della città di Alba, Mario Sandri: “Evitiamo di demonizzare le scelte legittime di un produttore. Anche in altri ambiti come la panificazione e la produzione di birra sono impiegati lieviti selezionati, senza alcun dubbio sulla qualità del prodotto per il consumatore. In ogni settore, c’è da dire che i prodotti italiani sono i più sani del mondo. Certo, sui grandi numeri c’è anche chi lavora in malafede, ma i controlli funzionano e assicurano la qualità, tipicità e forza del Made in Italy”.

Eleonora Ramunno