/ Sanità

Sanità | 05 gennaio 2024, 14:02

Mancano i medici ma crescono accessi e codici rossi: il bilancio di un anno al pronto soccorso del Santa Croce e Carle di Cuneo

Il primario del Dea cuneese Giuseppe Lauria traccia un bilancio degli ultimi dodici mesi e guarda al futuro della Medicina d'Urgenza: "Siamo un ammortizzatore sociale senza limiti di orario. Servono condizioni di lavoro meno estenuanti"

Il dottor Giuseppe Lauria

Il dottor Giuseppe Lauria

Sono in totale 64.250 gli accessi che il pronto soccorso dell'ospedale cuneese del Santa Croce e Carle ha dovuto sostenere nel corso del 2023. Un dato che identifica una crescita - rispetto allo scorso anno - di circa il 2% (figlia principalmente della centralizzazione verso l'hub provinciale di diverse patologie, tra cui le più complesse e critiche).

A rivelarlo – in un’analisi dei dati relativi ai dodici mesi appena passati – Giuseppe Lauria, primario del pronto soccorso dell’ospedale cuneese.

Così come i passaggi generali anche i codici rossi sono aumentati sensibilmente passando dall'1,7% al 2,3%. Gli arancioni si sono attestati al 18,5%, gli azzurri al 20,8%, i verdi al 54,2% e i bianchi al 3,62%.

L'influenza: più dura e diffusa rispetto al passato

Secondo Lauria il 2023 ha segnato il vero e proprio “ritorno alla normalità” per le attività della struttura, col Covid ufficialmente derubricato a problema organizzativo e non più clinico.

I picchi di accesso in codice rosso si sono raggiunti ad agosto, con la maggior parte degli scenari caratterizzati dall’incidentalità stradale tipica di un periodo in cui gli spostamenti aumentano sensibilmente. E nel periodo invernale, quando invece si sono registrate problematiche più strettamente mediche e di tipo respiratorio.

Dai giorni più a ridosso del Natale, però, l’influenza si è imposta come problema più serio – ha assicurato Lauria - . Abbiamo una diffusione che non si vedeva da anni e una qualità clinica davvero importante, debilitante. Basti pensare che nel periodo dal 24 dicembre al 3 gennaio di quest'anno l'aumento degli accessi per questa ragione è schizzato al 25%: siamo passati da 1.750 pazienti a circa 2.200. E lo stesso sta succedendo ovunque in Piemonte".

"Prevedo insomma, per i prossimi mesi, un’epidemia particolarmente aggressiva che speriamo tutti abbia la caratteristica della fiamma di un cerino: ampia ma breve. Passate le feste, l’occhio va ovviamente alla ripresa delle attività scolastiche”, ha aggiunto il primario.

Attese snervanti: "Non scambierò mai la qualità per la fretta"

Un ritorno alla normalità, quello del 2023, che è stato però caratterizzato anche per il nosocomio cuneese da un aumento degli scenari di criticità nei rapporti tra personale del pronto soccorso e pazienti in attesa: anche a livello nazionale si fa un gran parlare dell’aumento di aggressioni, che secondo Lauria si riscontra anche nella città capoluogo.

Situazione figlia dei tempi di oggi – dice il primario -. Non è che la gente sia ‘più cattiva’ ma il pronto soccorso è la finestra che il Servizio Sanitario tiene costantemente aperta sul mondo, un vero e proprio ammortizzatore sociale senza orario di chiusura: la nostra caratteristica e il nostro motto sono ‘per tutti, sempre’. È chiaro quindi che nei giorni di maggiore afflusso si possano generare occasioni di tensione”.

I pazienti cercano risposte alle proprie istanze, qualunque esse siano, e questo può generare un disallineamento tra le richieste e la natura emergenziale del servizio, in un panorama che sotto il profilo delle ‘risorse umane’ ci vede in forte difficoltà e che rende le attese anche lunghe non solo fisiologiche, ma ineluttabili. Disillusione e frustrazione aumentano il senso di rabbia, che può essere elaborato contro l’operatore, spesso testimone innocente di eventi da lui indipendenti. Ma io non scambierò mai la qualità del servizio con la fretta nella risposta”.

La sala d’attesa è uno spaccato di mondo tutt’altro che impenetrabile alle tensioni esterne e ai confronti – prosegue Lauria - . Per questo garantiamo la presenza costante del vigilante e a volte anche della Polizia, oltre che dei volontari ospedalieri. Ma capiamo comunque che sia difficile per l’utenza comprendere il concreto del nostro lavoro: un paziente grave necessita a volte di otto o dieci persone contemporaneamente concentrate solo su di lui. E quando dico ‘gravi’ intendo che si spesso si risolvono, potenzialmente in maniera negativa, nel corso di pochi minuti”.

Il primario non ha mancato – sul tema – di ricordare come la struttura e l’azienda sanitaria spingano quando possibile per il "fast track" e la velocizzazione del percorso ospedaliero, come anche per l’attivazione di progetti e attività atte proprio a ridurre il disagio di chi attende (come il "book crossing" o le televisioni nelle sale d’attesa).

"Mancano professionisti. Serve ripensare le condizioni di lavoro"

Un tema, quello delle aggressioni in aumento, che si ricollega inevitabilmente all’ombra che più si allunga sul 2024 non solo del pronto soccorso e della Medicina d’Urgenza di Cuneo, ma sul Sistema Sanitario Nazionale nel suo complesso: l’emorragia di personale e professionisti specializzati. “Questo è il punto dirimente, per la nostra struttura come anche per tante altre”, chiarisce Lauria.

Dando uno sguardo all’ultimo concorso relativo alle specializzazioni si può notare come quasi il 50% delle borse di studio nazionali siano andate deserte mentre invece altre, guarda caso quelle che permettono una buona qualità della vita e sbocchi professionali particolari, sono andate in overbooking – spiega il primario - . Chiaro che la medicina d’urgenza sia una branca bellissima e affascinante, ma che richiede anche profondo spirito di sacrificio; chiunque la operi lo sa e lo accetta, ma per attrarre nuovi professionisti serve prima di tutto comunicarlo all’esterno. E poi, ma non perché meno importante, assicurare condizioni di lavoro congrue e umane dal punto di vista della gestione del carico quotidiano, dei turni, delle responsabilità e della remunerazione”.

Il pensiero del giovane medico di oggi, pur estremamente preparato, è diverso dal mio che arrivo da un’altra epoca – conclude Lauria -. Il senso di orgoglio e di appartenenza al Sistema Sanitario, per chi decide di intraprendere questa professione, è sempre molto forte ma dev’essere corroborato e sostenuto: non si può stare in trincea 365 giorni l’anno. Costruire e promulgare un modello attrattivo capace di accogliere sempre nuove leve è cruciale: l’abbiamo fatto e continueremo a farlo assieme all’azienda sanitaria e alla direzione. Ma è bene che non si perda di vista la realtà dei fatti”.

Simone Giraudi

TI RICORDI COSA È SUCCESSO L’ANNO SCORSO A SETTEMBRE?
Ascolta il podcast con le notizie da non dimenticare

Ascolta "Un anno di notizie da non dimenticare" su Spreaker.
Prima Pagina|Archivio|Redazione|Invia un Comunicato Stampa|Pubblicità|Scrivi al Direttore|Premium