Paolo Chiarenza, storico esponente della destra provinciale, nei giorni scorsi scriveva al nostro giornale commentando la riforma costituzionale annunciata dalla premier Meloni. Da tutt’altro fronte a quell’intervento ("Il problema del Bel Paese? È il sistema di governo che va cambiato") replica ora il professor Livio Berardo.
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Paolo Chiarenza vuole “convincerci che il sistema di governo va cambiato”. Ne vorrebbe uno che affidasse al presidente del Consiglio dei Ministri poteri “decisionisti”. Dezisionismus è un concetto elaborato un secolo fa dal filosofo del diritto Carl Schmitt, il quale sviluppò una critica demolitrice della Costituzione di Weimar, la prima carta democratica della Germania, fondata non su “litanie antifasciste”, ma semplicemente sulla constatazione che l’autoritarismo (cosa ben diversa da autorità) del secondo Reich aveva portato il Paese alla Grande guerra e al disastro. Con la “Teologia politica” e la “Dottrina della costituzione” Schmitt gettò le basi giuridiche dei pieni poteri di Hitler, al cui regime aderì convintamente. Decisionismo è infatti sinonimo di personalismo e l’opposto di normativismo o sistema di regole, pesi e contrappesi.
Non sto paventando l’avvento di una dittatura. Nemmeno nella Germania degli anni Venti era prevedibile. Dico solo che bisogna fare attenzione all’uso delle parole, le quali sono “pietre", concetti capaci di tradursi in atti e istituti giuridici, gravidi di conseguenze.
“Ottant’anni in gran parte razzolati senza costrutto” significano letteralmente che dal 1945 in poi i governi hanno operato, rimestando (razzolare è un verbo transitivo!) tra i rifiuti e la sporcizia. Il sottinteso è che i 23 anni precedenti erano stati un idillio, gestiti nella luce, nella pace e nel benessere. Purtroppo così non è stato. Solo la nostra provincia ne è uscita con più di 15.000 caduti sui vari fronti.
Non “pregiudizi ideologici”, ma duri dati di fatto e inoppugnabili ricostruzioni storiche ci dicono che, se il secondo Dopoguerra non è stato un paradiso, con anni di crescita economica, sociale e culturale e altri di stagnazione, di libero dibattito, con momenti di forte partecipazione democratica e fasi di riflusso, il ventennio fascista presenta un bilancio negativo sotto tutti gli aspetti.
Ora “un sistema di governo che induca i parlamentari a intervenire uniti a livello nazionale e regionale”, accantonando interrogazioni e discorsi, o è un concetto senza senso oppure presuppone che deputati e senatori facciano riferimento a un unico capo o a uno stesso partito. In più Chiarenza richiede l’uniformità di comportamento ai livelli provinciale e regionale. Dunque il superamento delle autonomie locali. Anche qui il precedente è dato dai podestà e dai “prèsidi” delle province.
Con il “sistema non imperniato esclusivamente sui partiti, ma anche sulle categorie del mondo del lavoro e della produzione” poi credo che non si punti alla concertazione, bensì a un ordinamento corporativo. L’attuale governo è totalmente refrattario alle istanze dei sindacati dei lavoratori e dei pensionati, ma assai corrivo con categorie quali balneari e tassisti, a costo di far pagare alla collettività le pesanti multe dell’Unione Europea.
Come se non bastasse, l’attuale presidente del Consiglio dispone di una amplissima maggioranza. Il ricorso ai decreti legge senza i requisiti di urgenza, al contrario con l’aggravante del pot-pourri svuota il parlamento dei suoi poteri.
L’informazione, dominata da Mediaset e da una Rai occupata “manu militari”, narcotizza o depista l’opinione pubblica.
Non ci sono grossi ostacoli, perché l’on. Meloni arrivi a completare la legislatura. L’obiettivo delle riforme non è la stabilità del potere, ma la sua perpetuazione.
Livio Berardo, ex amministratore provinciale e ancora un po’ comunale