Hanno un nome sinestetico: che c’azzecca la Caccia con la Pallapugno?
Invece sono il limite e l’essenza di questo gioco e un addetto nella partita che potrebbe chiamarsi 'Cacciaposizioniere' ha il compito di piazzare la bandierina numerata esattamente dove l’arbitro, con il bastone, gli lascia il segno.
Sono le 'Cacce', il 'Fuorigioco' del calcio, la regola basilare del gioco 'alla lunga', che i non addetti fanno fatica a comprendere.
Le Cacce, quell’invisibile linea prima della quale una squadra deve fermare il pallone per conquistare il punto, una linea difficile da tirar dritta quando il gioco è veloce, e i terzini si sono catapultati tutti insieme, in una mischia confusa. Difatti la Pallapugno non è esente da contestazioni, da falli non rilevati, da tocchi con le gambe prima dei due rimbalzi e non c’è tecnologia in aiuto agli arbitri, nessun monitor da andare a consultare in caso di dubbio, solo il ruggito del pubblico alle loro spalle:
-Era fallo arbitro!
-E vattelapesca … per me l’ha fermata prima, il 15 è di quelli lì.
E il bastone bianco punta da un lato, si riprende a giocare.
Le regole sono complesse per chi lo vede per la prima volta questo 'Balon' e le Cacce sono la fase preparatoria che si capisce meno, ed è la più piemontese, la più legata alla tradizione agricola, imprescindibile, necessaria.
La Caccia è la semina, è il mettere da parte il malloppo, è un potenziale investimento: potrà fruttare, ma non è detto. Il battitore cambierà campo e non si sa se farà sua la Caccia favorevole, quella laggiù in fondo, da difendere facilmente, quella oltre la quale l’avversario dovrà scagliare un pallone straordinario, magari un 'intra' per guadagnarsela.
La Caccia è la metafora del temporale, della grandinata improvvisa, del disastro inaspettato, nonostante si fosse cercato di mettere da parte un gruzzoletto buono.
Nell’architettura del gioco della Pallapugno la Caccia è colpevole dei tempi morti, per colpa dei quali le TV non filano uno spettacolo straordinario, popolato da grandi atleti, da campioni in grado di scagliare un pallone oltre i 70 metri dopo tre ore di gioco colpendolo al volo.
La Caccia impone l’inversione di campo, quando i due battitori si scambiano di posto e si passano accanto sbirciandosi appena per vedere quanta 'gana' è rimasta a quell’altro, mentre i terzini si accapigliano da tempo e semmai scambiano due parole, un commento sull’ultimo punto.
Per fortuna le Cacce son tante in una partita, centinaia. Buone, meno buone, ottenute con furbizia o frutto di un gioco potente. Come nelle stagioni agricole, si alternano quelle favorevoli e quelle meno, ma sempre arriva la successiva.
Arriverà anche il prossimo campionato.
Questo lo ha vinto la squadra di Federico Raviola.
Onore a Massimo Vacchetto, che si rimetterà in Caccia per il prossimo.