“Non fosse stato per i parenti che ci mandavano messaggi preoccupati, quasi non ce ne saremmo accorti. Ma siamo comunque tornati prima, per norma prudenziale”. A parlare è don Beppe Viglione, parroco del Sacro Cuore di Mondovì. Era in Israele con una trentina di pellegrini monregalesi e torinesi, proprio nelle ore dell'attacco terroristico del gruppo islamico palestinese di Hamas.
Per la precisione erano in volo verso l'aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv all'alba di sabato 7 ottobre, quando sono partiti 5 mila razzi dalla Striscia di Gaza. Un raid senza precedenti, il più massiccio degli ultimi decenni, che ha provocato oltre mille morti e una durissima rappresaglia israeliana, con il taglio delle forniture di acqua, cibo, carburante ed elettricità a Gaza.
“Se fosse accaduto prima del nostro decollo chiaramente non saremmo mai partiti, ma ormai eravamo lì – continua don Beppe -. Ci siamo limitati alla Galilea, come da programma dei primi giorni del pellegrinaggio. Eravamo lontani dalla zona dei bombardamenti. Abbiamo pernottato a Nazareth, siamo stati sul lago di Tiberiade e saliti sul Monte Tabor”.
Don Beppe Viglione era al suo sesto viaggio in Terra Santa come accompagnatore: “Se devo essere sincero non c'era percezione di pericolo. I locali erano pieni. Non abbiamo avuto alcun problema, a parte qualche ritardo e l'affollamento in aeroporto. Anche i controlli erano normali. Erano più spaventati i parenti in Italia che noi qui. Anche se, a leggere le notizie sul telefonino, molti pellegrini avevano fretta di tornare”.
Il rientro del gruppo era previsto sabato 14 ottobre, dopo tappe a Betlemme, Gerico e Gerusalemme. Tutto annullato: “Non abbiamo concluso il pellegrinaggio. Abbiamo preso un volo di linea Neos concordato con l'agenzia. Siamo atterrati a Verona e rientrati a casa ieri sera, martedì 10 ottobre. Tutti grati di essere sani e salvi”, conclude don Beppe.