C'era una volta Bra, poi arrivò Slow Food. Dopo Slow Food, arrivò Cheese. E se non bastassero, ecco Terra Madre, l'Università del Gusto, il Mercato della Terra, le Comunità Laudato si'. Davvero ottimo il bilancio di Carlo Petrini. Ma da Bra (dove è nato) a New York (dove è una star), fino ai più sperduti deserti africani (dove i Tuareg sono suoi amici), tutti lo chiamano semplicemente Carlin.
Era il lontano 22 giugno 1949 quando vide la luce. E anche ora che ha compiuto 74 anni Petrini è pronto a guardare al futuro con nuove sfide, ma spesso pure al passato. Sempre sulla cresta dell'onda. Un esempio per i giovani e per tutti i suoi concittadini, che hanno voluto festeggiarlo con una pioggia di post sui social.
Incluso dal Guardian tra le 50 persone destinate a salvare il pianeta, eletto da Time Magazine “eroe del nostro tempo”, Carlin è diventato ambasciatore di Bra nel mondo. Per Wikipedia è un “gastronomo sociologo, scrittore e attivista italiano, figlio di un'ortolana e di un ex ferroviere, nominato nel 2007 tra i 45 membri del Comitato promotore nazionale per il Partito Democratico”, anche se alla politica ha preferito le politiche della sostenibilità.
Altro che catene industriali e grande distribuzione, sono le botteghe il vero DNA dell'Italia, quello di chi ama mangiare bene ed in armonia con la natura. Non si tratta di essere solo più green, ma vivere in connessione con il pianeta, saper ricercare il bene comune, riconoscere dignità agli antichi mestieri della terra. E non si può certo dire che non abbia mantenuto la promessa. L'ultima delle sue è la rassegna di Cheese in programma a Bra dal 15 al 18 settembre.
Macinando chilometri su chilometri, ha incontrato istituzioni, personalità e cittadini, oltre a stringere rapporti con autorità religiose, fino al Papa. Senza risparmiare pungoli e stoccate ai guru della globalizzazione.
«Occorre fare uno sforzo di fantasia. Io penso a una versione moderna delle botteghe, gestite da giovani. Con l'accesso a internet, con tutta una serie di servizi, dove magari si può ritirare la pensione. Ci vogliono nuove idee. A salvarci sarà la diversità».
Ma non c'è bisogno di riesumare vecchie interviste per scoprire pensieri e filosofia del fondatore di Slow Food, che si riassumono nel solido mantra del cibo “buono, pulito e giusto”. Una cucina che non cerca di uniformarsi in un unico stile con cotture millimetriche, ma sottolinea le differenze e non si piega alle mode.
In fondo anche qui il segreto è farsi ispirare dalla natura degli ingredienti, con il loro ciclo di vita e la loro stagionalità. In poche parole: «Il gusto, per tutti, è il diritto a trasformare in piacere il proprio sostentamento quotidiano». E vissero tutti sani e contenti.