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Curiosità | 30 marzo 2023, 08:17

Buona lettura dal Caffè Letterario di Bra con “Me Tapiro” di Antonio Ricci

Leggerlo fa bene due volte, perché è divertente e perché i diritti vanno in beneficenza

Buona lettura dal Caffè Letterario di Bra con “Me Tapiro” di Antonio Ricci

È uscito allo scoperto Antonio Ricci e lo ha fatto con un libro in cui sono ritratti tre decenni della cultura di massa del nostro Paese. In “Me Tapiro” (Mondadori) il papà di “Striscia la Notizia” ci mette la faccia (e non solo sulla copertina), prendendosi, come sempre, i suoi rischi. Il risultato è una lettura che apre retroscena mai rivelati, aneddoti, racconti di scherzi atroci, sfrenata goliardia e riflessioni sulla comicità e l’umorismo.

Si parte con le prime pagine dedicate agli anni della formazione (la scuola dalle suore, le bacchettate sulle dita, le prime ribellioni all’autorità costituita), poi gli anni dell’impegno (a divertirsi ed a divertire), la scoperta di compagni di risata come Beppe Grillo e Fabrizio de André, in un perenne cabaret che, nel caso di Ricci, alla fine diventa una professione.
Ma il volume non è tanto (o non solo) un’autobiografia. Nella seconda parte, complice il giornalista de “Il Fatto Quotidiano”, Luigi Galella, diventa una lezione magistrale sulla nostra società dell’apparire, oltre ad un piccolo trattato sulla televisione, su chi la fa e su chi la guarda. Racconta il mondo dorato che la circonda, spifferandone ghiotti retroscena e bersagliando i suoi protagonisti con una ferocia satirica proporzionale alla loro popolarità. Come un Giamburrasca munito di cerbottana o di fionda, Ricci spara proiettili a destra ed a manca, soprattutto alla sedicente sinistra, smascherando conformismi ed ipocrisie.
“Striscia la notizia”, la sua creatura più sorprendente, record assoluto di longevità e di ascolti, è un programma di satira e la satira non è corretta, non e compiacente, attacca anche gli amici e non ha paura dei nemici. Una vita non proprio di tutto relax, ma che Ricci vive con imperturbabile serenità.

Forse anche grazie al suo essere un caso clinico di bipolarismo: le sue trasmissioni sono le più viste, ma lui è l’uomo più schivo della tv, è un impavido collezionista di cause (tutte vinte), ma anche di piante rare, che cura con passione maniacale.

Forse è questo che da più di trent’anni gli permette di sopravvivere nella sua personale trincea. La satira è il mestiere che si è scelto, ma leggendo questo libro si capisce pure che era il suo destino.

L’autore ligure ha scoperto di essere un comico a tre anni, grazie ad una caramella andata di traverso ed al drastico sistema per fargliela sputare, in una scena di assoluta e involontaria comicità. Se fosse morto soffocato non avremmo “Drive in”, “Paperissima”, le veline e le velone, il Gabibbo ed il Tapiro. Ci saremmo persi più di trent’anni di risate, quell’imprinting di ironia e buonumore che ha accompagnato con leggerezza la vita di tutti noi.

Quindi, l'invito del Caffè Letterario di Bra è quello di comprare “Me Tapiro”. Leggerlo farà bene due volte, perché è divertente e perché i diritti andranno a favore di don Luigi Ciotti.

Silvia Gullino

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