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Storie di montagna | 26 marzo 2023, 07:20

STORIE DI MONTAGNA/54 - L’avventurosa vita di Erica!

La storia di oggi è una di quelle che mi ha lasciato un segno, mi ha fatto conoscere una donna straordinaria e la sua vita avventurosa, segnata da un dolore da cui non si guarisce mai, ma con cui ha imparato a convivere

STORIE DI MONTAGNA/54 - L’avventurosa vita di Erica!

Il viaggio della vita di ciascuno di noi è unico. Ci possono essere salite, discese, momenti bui e istanti felici. Per farsi raccontare questo viaggio occorre entrare in punti di piedi in un mondo intimo, personale, fatto di emozioni, parole e condivisione.                       

Camminare nella scarpe di un altro non possibile, l'unica cosa da fare è ascoltare!

Io dell'ascolto ne ho fatto una missione.                          

La storia di oggi è una di quelle che mi ha lasciato un segno, mi ha fatto conoscere una donna straordinaria e la sua vita avventurosa, segnata da un dolore da cui non si guarisce mai, ma con cui ha imparato a convivere!

 

Nel centro di Sampeyre, un paese alpino della Valle Varaita, sulle Alpi del cuneese, a circa 1000 metri di altitudine, c'è una piccola bottega, un laboratorio dove Erica, la protagonista di oggi, lavora il vetro. Sono entrata nel suo negozio in una giornata uggiosa e fredda, lei era seduta alla sua scrivania, dalla finestra entrava una luce fioca, ma le violette sul davanzale illuminavano il cielo grigio. Curva sul piano di lavoro, stava ultimando uno dei suoi meravigliosi lavori.           Fuori non c'era la primavera, ma nel suo posto sicuro, coccolata dalla sua accoglienza, ho trovato i colori che mi servivano per riscaldare la giornata.

La vita di Erica è stata davvero avventurosa. Nasce a Torino nel 1960. Un papà grafico, poliedrico, corista, artista in modi diversi le dà la possibilità di coltivare, fin da piccola, la sua vena creativa. Entrambi i genitori amanti della montagna gliela fanno amare e conoscere, fin dalla tenera età, ed insieme ai nonni passa molto tempo in quota, nell'alto canavese, in Valle Sacra.

Erica impara dal padre l'arte della grafica, la studia e per un certo periodo lavora con lui. Due menti creative, però, non sempre riescono a trovare una strada comune e così, a 18 anni, lascia la casa di famiglia ed inizia una nuova vita, sola e piena di voglia di scoperta.

Scopre la tecnica della decorazione del vetro e capisce che può sopravvivere vendendo le sue opere ai mercatini o per strada. Giovane, cocciuta e decisa sopravvive grazie alle sue vendite. Arrivano nuovi lavori, come la decorazione di vetrine, ed Erica tira avanti vivendo in una soffitta nel centro di Torino.

La passione per la lavorazione del vetro, però, la coinvolge così tanto da spingerla alla ricerca di luoghi dove poter vendere le sue opere e perfezionare la sua tecnica. Come raggiunge questi luoghi e dove vive per realizzare il suo obiettivo fa parte della vita avventurosa di questa donna speciale.

Nel 1980 parte con la sua vespa per andare in Sicilia. Resta in questa bella isola da giugno a settembre. Qui vende le sue opere, instaura rapporti, crea amicizie e cerca vetrerie disposte ad assumerla per imparare. Purtroppo non trova nessun sbocco lavorativo. Si rende conto, piano piano, che la sua arte con il vetro è ciò che le dà la possibilità di vivere, di guadagnare e così nasce il lei il desiderio di migliorare, di perfezionare la sua tecnica.

L'Italia non è il luogo adatto per imparare e così, in autostop, vista la sua situazione economica non molto fiorente, arriva in Germania, in Olanda e a 22 anni approda in Inghilterra!

Qui si rimbocca le maniche ed inizia a fare i lavori più umili per mantenersi. Vive in una casa in comune con molte altre persone. Non dimentica però la sua voglia di imparare e trova una scuola professionale, un politecnico, dove ha la possibilità, finalmente, di imparare l'arte del vetro. Con poche sterline al mese riesce a frequentare un corso e qui, grazie ad un ottimo professore, affina la sua tecnica ed impara davvero moltissimo!

Torna in Italia e apre un piccolo negozio in Piazza Vittorio a Torino, qui, la sua bravura si fa strada, e a piccoli passi si ingrandisce sempre di più. Erica è una donna tosta che non si scoraggia mai, che non si fa fermare dall'avere pochi soldi in tasca, in qualche modo trova sempre una soluzione per andare avanti!

 

Si sposa e prosegue la sua vita, arrivano due figli: Gwydion e Yalmar e va vivere nel Monferrato. Questa relazione, però, non riesce ad andare avanti. Dopo un periodo duro Erica conosce Stefano, il suo attuale compagno, con cui condivide la casa in altura. Ma come arriva in montagna questa donna, che ormai si definisce una montanara?

Nel 2012 un'associazione Torinese, di cui faceva parte, decide di affittare un'area espositiva in Sampeyre. Tutto combacia: la sua voglia di montagna e  la sua necessità di smettere di fare i mercati e così, insieme ad altri artisti, che poi torneranno in città, inizia ad esporre e vendere le sue opere in questo paese. Parte così la sua vita da donna di montagna. Erica in questo borgo alpino mette radici. Trova casa e si sistema, trovando il suo luogo ideale per creare a vivere.

Entra in questa comunità alpina in punta di piedi, con moderazione, umiltà e con la consapevolezza che era necessario farsi accettare. In poco tempo diventa parte di un gruppo, viene coinvolta dalla gente del posto per laboratori, sistemazione di vetri delle piccole chiese locali, i suoi oggetti vengono acquistati dai residenti e fatti conoscere ai turisti. La sua bottega diventa laboratorio, luogo di accoglienza per altri artisti, riferimento per chi vuole imparare la sua arte. Non è più lei a girare il mondo per farsi conoscere, ma è il mondo a venire da lei per imparare e acquistare i suoi lavori

 

Una comunità che ti accoglie è la stessa che ti avvolge quando, nella tua vita, succede qualcosa di terribile. Nel 2019, Gwydion, il figlio più grande di Erica, musicista cantautore che si faceva chiamare Nebbiolo, si ammala e purtroppo, lascia questo mondo, diventando un ricordo, una ferita nell'anima di Erica. Tutta la comunità si stringe intorno al suo dolore e il sostegno diventa davvero importante.

"La vita non è tolta, ma trasformata" dice la preghiera dei defunti ed ora, Nebbiolo, c'è ancora per i suoi amici che lo ricordano con un premio per giovani artisti. C'è per Erica che nel Monferrato, dove suo figlio è seppellito, ha depositato il suo dolore. C'è per tutti quelli che, ogni giorno, parlandone lo ricordano.

Erica oggi trova pace mentre crea, lascia il dolore fuori dalla porta e, seduta alla sua scrivania, interseca pezzi di vetro per realizzare la sue bellissime opere. La donna che ho conosciuto oggi sicuramente non è quella di un tempo, la stessa che sfidava i suoi sogni, la montanara che, senza esitazione, voleva arrivare in cima. In lei si è spento qualcosa: chi può davvero rialzarsi dopo la perdita di un figlio?

Le sue mani, però, restano il mezzo con cui crea in modo unico ed eccezionale le sue opere d'arte. Nelle sue creazioni c'è luce, colore, anima e nonostante in lei ci sia una grande macchia buia, intorno tutto sta iniziando a fiorire.

 

La specialità di Erica sono i suoi meravigliosi orologi. Tutti unici, colorati e bellissimi. Ma nel suo laboratorio si possono trovare molti oggetti: quadri, lampade, bigiotteria e opere di altri artisti che, tra le sue mura, hanno trovato uno spazio. Qui ti lascio i suoi contatti:   https://instagram.com/il_laboratorio_di_sampeyre telefono 333 1366349

Non conoscevo Erica, ho visto in alcuni posti i suoi lavori esposti e ne sono rimasta affascinata. Amo la luce, i colori, quei quadri che ti lasciano negli occhi e nel cuore delle sensazioni che ti fanno fermare ad osservarli. Non sapevo che dietro quelle opere ci fosse tutta la forza e l'arte di una grande donna dalla vita insolita. Abbiamo pranzato insieme, nella sua accogliente casa di montagna, ci siamo perse in chiacchiere, ho visto le sue lacrime brevi, trattenute e inconsolabili. Ci siamo raccontate a vicenda e, in qualche modo, con le parole ci siamo abbracciate, capite, unite!

Erica ha un grande progetto: dare spazio nella sua casa a tutti gli artisti della sua famiglia: suo padre, suo figlio Nebbiolo e Yalmar, il suo secondogenito che sogna di fare il regista. In qualche modo deve chiudere il cerchio, lasciare il ricordo di tutte le menti artistiche che da sempre accompagnano la sua vita.

Nel suo laboratorio c'è una sedia, una vecchia sedia con un cuscino morbido e colorato. Voglio pensare che lì ci sia sempre seduto un angelo che la vede lavorare e, in qualche modo, le dà la forza di andare avanti!

Cinzia Dutto

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