Quella che state per leggere è l’intervista realizzata dagli studenti della quinta “D” della Scuola Primaria “Edoardo Mosca” di Bra al pittore Franco Gotta, in occasione della sua mostra a Palazzo Mathis dal titolo “Ricordi e riflessi. Un periodo di vita, arte e amicizia”.
Partiamo da qui.
Chi viene a visitare questa mostra che cosa trova?
«Oltre alle mie opere ci sono dipinti di Carlo Sismonda, Alfredo Nannoni, Simonetta Carpini, Carlo Ricci, Massimiliano Morandelli, Albino Galvano e Vittoria Negro. Poi ci sono le poesie di Bernardo Negro e Francesco Marchino che, insieme ai quadri, evocano ricordi e riflessi di un lontano periodo di vita, arte e amicizia».
Se chiudi gli occhi, quale ricordo ti viene per primo in mente?
«L’incontro con Carlo Sismonda, un artista di Racconigi che è mancato nel 2011. Grazie a lui ho cambiato il mio modo di percepire il colore. Quando ero più giovane, dipingevo a tinte più tenui, poi sono entrato nel suo studio e, anche senza averlo mai visto all’opera, ho capito che per me l’arte doveva esprimere il colore. E così ho iniziato ad usare il rosso, il giallo, il verde, tutti i colori. Questa mostra è molto dedicata a lui».
Qual è l’opera esposta a cui sei più legato?
«Un dipinto proprio di Carlo Sismonda che si intitola Venezia».
Il quadro che più ti rappresenta?
«Senza dubbio, il quadro in cui è ritratta la Zizzola insieme alla Luna. Mi piace così tanto che l’ho voluto mettere sul dépliant della mostra. Anche un quadro che ho dipinto nel periodo del Covid ha il suo fascino, perché è un’esplosione di colori, che ha fatto da contraltare alle notizie nere della cronaca».
Quando hai scoperto la tua passione per la pittura?
«L’ho scoperta da ragazzino. Ricordo che a scuola feci un disegno di fantasia che riuscì a stupire persino la professoressa».
Il primo quadro che hai fatto?
«Non me lo ricordo più. So solo che il primo quadro che ho fatto, forse l’ho buttato via, perché mi vergognavo, talmente era brutto».
Perché hai iniziato a dipingere?
«Non c’è un perché, sentivo il bisogno di farlo. Ho fatto un primo quadro, poi un secondo e visto che l’appetito viene mangiando, non mi sono più fermato. Le soddisfazioni sono arrivate, facendo delle mostre».
Che cosa provi quando dipingi?
«Sento dentro di me il desiderio di sprigionare i colori».
Che cosa ti ispira?
«L’ispirazione più grande mi viene dalla donna che uso rappresentare con la Luna. Infatti, quasi tutti i miei quadri hanno dentro la Luna».
C’è una logica dietro ai tuoi quadri?
«C’è la logica del desiderio di fare il quadro».
Come definisci il tuo stile artistico?
«Espressionista».
Qual è il momento migliore per dipingere?
«Quando ho la gioia dentro».
Quanto c’è di autobiografico nei tuoi dipinti?
«Nei miei quadri figura spesso un manichino e per l’80% delle volte sono io, altre volte può essere qualcun altro, per esempio quando ci sono due manichini abbracciati».
Quanti quadri hai dipinto?
«Sicuramente sono più di mille, ma il numero esatto non lo so dire».
Qual è il tuo quadro che ha avuto più successo?
«Non saprei, ma spero sia più di uno. C’è stato però un quadro a cui ero molto legato ed è finito a casa di un collezionista; rappresentava le tre arti: pittura, musica e poesia. Proprio questo quadro è stato anche quello più difficile da realizzare, perché c’era molto da disegnare. E, visto che non ho fatto il liceo artistico o l’accademia di belle arti, ho faticato molto con la matita».
Dove possiamo ammirare la tua produzione artistica?
«Ci sono alcuni cataloghi cartacei, ma grazie ad internet è possibile ammirare i quadri sul sito web www.francogotta.it oppure sulla pagina Facebook Franco Gotta».
Se tornassi indietro, rifaresti ancora il pittore?
«Non ho alcun rimpianto, sono ben felice di aver fatto il pittore, quindi sì, lo rifarei».
In futuro continuerai a fare il pittore?
«Se una persona è soddisfatta della propria vita - ed io lo sono - penso che continui a fare quello che fa».
Da piccolo che cosa volevi fare?
«Non ricordo, perché fin da piccolo ho sempre vissuto il momento e più che pensare a cosa fare da grande, pensavo a giocare».
Che cosa pensi del pittore Mirò?
«Penso che sia un grande artista, prima che un grande pittore. Per me l’artista esprime qualcosa dentro le opere, mentre il pittore è un bravo artigiano del pennello, che con una buona scuola può fare tutto. Ma non c’è solo Mirò tra i grandi dell’arte, ci sono anche Van Gogh e Monet per citarne alcuni».
Consiglieresti ad un giovane di fare l’artista?
«Se sei artista dentro, farai l’artista, mentre se non lo sei, non ti consiglio di diventarlo. Fare l’artista per denaro non conviene, perché moriresti di fame».
Che messaggio vuoi lasciare ai giovani?
«Il futuro è vostro, perciò dovete lottare con le unghie e con i denti per arrivare dove volete. E solo così ci riuscirete».
Se la mostra finisse oggi, quale sarebbe il bilancio?
«È un bilancio molto positivo, già a partire dall’inaugurazione, perché non mi aspettavo così tanta gente e soprattutto questo interesse. Mi ha fatto piacere che siano passate in visita anche le scolaresche».
Dai un motivo ai nostri lettori per venire a visitarla…
«Il motivo è per conoscermi, ma soprattutto per conoscere i miei quarant’anni di attività e poi perché qui ci sono tanti quadri di pittori e pittrici che ho conosciuto e dei quali sono stato amico. Alcuni sono morti, ma ci parlano ancora attraverso i colori».
Non ci sono davvero scuse: la mostra è visitabile fino al 26 marzo, eccovi gli orari: venerdì 9/12.30 e 15/18, sabato e domenica 9/12. Ah... vi abbiamo detto che è tutto gratuito?