«E se Gesù uomo ha imparato a dire “papà”, “padre”, al suo Padre che conosceva come Dio, lo ha imparato dalla vita, dalla testimonianza di Giuseppe: l’uomo che custodisce, l’uomo che fa crescere, l’uomo che porta avanti ogni paternità e ogni mistero, ma non prende nulla per sé» (papa Francesco).
In Italia il 19 marzo si festeggia la festa del papà: l’occasione per un abbraccio ancora più forte, dopo i difficili mesi di pandemia. Quest'anno la data cade di domenica ed essendo Quaresima la festa sarà spostata a lunedì 20 marzo.
Ma quanti sono quelli che davvero ne conoscono le origini? In Italia le origini della moderna festa del papà risalgono al 1871, anno in cui la Chiesa Cattolica decise di proclamare San Giuseppe protettore dei padri di famiglia e patrono della Chiesa universale. Diceva papa Leone XIII: «In Giuseppe hanno i padri di famiglia il più sublime modello di paterna vigilanza e provvidenza; i coniugi un perfetto esemplare d’amore, concordia e fedeltà coniugale; i vergini un tipo e difensore insieme della integrità verginale».
Il culto di San Giuseppe ha però origini ancora più antiche: i primi a celebrarlo furono i monaci benedettini nel 1030, seguiti dai Servi di Maria nel 1324 e dai Francescani nel 1399. Tra i promotori ci furono anche vari papi e in particolare Gregorio XV, che nel 1621 estese ufficialmente la solennità a tutta la Chiesa. Questo spiega, perché la festa del papà viene celebrata il 19 marzo non solo nello Stivale, ma anche in altri Paesi a trazione cattolica, tra cui Spagna e Portogallo (ci sono anche Andorra, Bolivia, Honduras, Liechtenstein, Canton Ticino in Svizzera e Vaticano). Da notare che il 19 marzo è stato giorno festivo fino al 1977, prima di essere abolito per legge e diventare una ricorrenza civile.
Ma se in Italia si celebra il 19 marzo, nel resto del mondo la festa del papà ha origini e date diverse. Negli Stati Uniti la ricorrenza nacque ad inizio del Novecento per fare da contraltare alla festa della mamma, che stava da poco prendendo piede. Le cronache attribuiscono l’idea ad una ragazza di 26 anni chiamata Sonora Smart Dodd, che il 19 giugno 1910, a Spokane, nello stato di Washington, organizzò il “father’s day” in occasione del compleanno di suo padre, veterano della guerra di secessione.
L’usanza si diffuse a macchia d’olio, diventando un appuntamento fisso la terza domenica di giugno di ogni anno. A consacrarla festa nazionale ci pensò poi il presidente Lyndon Johnson, nel 1966.
La terza domenica di giugno si osserva la festa del papà anche in altre nazioni, tra cui, Regno Unito, Sudafrica, Grecia, India, Irlanda, Argentina, Canada, Cina, Giappone, Francia, Cuba, Ecuador, Marocco, Messico, Paesi Bassi, Perù, Filippine, Turchia, Venezuela e Singapore. In Germania la festa del papà cade il giorno dell’Ascensione, quaranta giorni dopo la Pasqua ed è chiamata “Herrentag”, ossia il “giorno degli uomini”.
In Russia ha, invece, dei connotati più politici, dato che viene celebrata il 23 febbraio, in concomitanza con quello che viene definito il “Giorno dei difensori della Patria”. Cade nel mese di novembre in tutta la Scandinavia, più l’Estonia. In Thailandia si commemora il 5 dicembre, che è l’anniversario della nascita di re Bhumibol Adulyadej. In Serbia si festeggia il 6 gennaio, mentre cade in primavera, tra maggio e giugno, in Paesi come Austria, Belgio, Danimarca, Romania e Svizzera, dove è considerata una festività a tutti gli effetti. In Bulgaria si festeggia il 26 dicembre e in Corea del Sud l’8 maggio. Nell’altro emisfero, in Australia, Fiji, Nuova Zelanda e Papua Nuova Guinea, si festeggia la prima domenica di settembre, con l’arrivo della primavera australe.
Nel Martirologio Romano, 19 marzo, n. 1, si legge: «Solennità di San Giuseppe, sposo della Beata Vergine Maria: uomo giusto, nato dalla stirpe di Davide, fece da padre al Figlio di Dio Gesù Cristo, che volle essere chiamato figlio di Giuseppe ed essergli sottomesso come un figlio al padre. La Chiesa con speciale onore lo venera come patrono, posto dal Signore a custodia della sua famiglia».
San Giuseppe, sposo di Maria è il protettore dei falegnami, che da sempre sono i principali promotori della sua festa. Nella tradizione popolare protegge anche i moribondi, gli orfani, le giovani nubili e i più sfortunati. In accordo con ciò, in alcune zone della Sicilia, il 19 marzo è tradizione invitare i poveri a pranzo.
In altre aree la festa coincide con la festa di fine inverno: come riti propiziatori e di purificazione, si brucia l’incolto sui campi da lavorare e sulle piazze si accendono falò da superare con un balzo. Anche il dolce tipico della festa, la zeppola, raccoglie una tradizione biblica. L’origine è nella storia della fuga in Egitto. Per mantenere la famiglia in quel periodo Giuseppe dovette vendere frittelle. Dolci che in molti prepareranno anche quest’anno per regalare un sorriso a tutti i papà.
La storia ci fornisce una fonte che attribuisce a Napoli la paternità della zeppola come dolce tipico della festa di San Giuseppe: una ricetta simile a quella odierna che risale al 1837 pubblicata dal celebre gastronomo napoletano Ippolito Cavalcanti, Duca di Buonvicino e autore di Cucina teorico-pratica.
Il Duca Cavalcanti la trascrisse nel suo libro in lingua napoletana, diventando con essa il primo gastronomo a mettere per iscritto la ricetta delle Zeppole: «Miette ncoppa a lo ffuoco na cazzarola co meza caraffa d’acqua fresca, e nu bicchiere de vino janco, e quando vide ch’accomenz’a fa lle campanelle, e sta p’ascì a bollere nce mine a poco a poco miezo ruotolo, o duje tierze de sciore fino, votanno sempre co lo laniaturo; e quanno la pasta se scosta da tuorno a la cazzarola, allora è fatta e la lieve mettennola ‘ncoppa a lo tavolillo, co na sodonta d’uoglio; quanno è mezza fredda, che la puo’ manià, la mine co lle mmane per farla schianà si per caso nce fosse quacche pallottola de sciore: ne farraje tanta tortanelli come sono li zeppole, e le friarraje, o co l’uoglio, o co la nzogna, che veneno meglio, attiento che ta tiella s’avesse da abbruscià; po co no spruoccolo appuntuto le pugnarraje pe farle suiglià, e farle venì vacante da dinto; l’accuonce dinto a lo piatto co zuccaro, e mele. Pe farle venì chiù tennere farraje la pasta na jurnata primma».
E adesso che sapete tutto, o quasi, ecco la preghiera a San Giuseppe che papa Francesco recita da più di 40 anni: «È una preghiera che ho trovato in un libro di preghiere delle Suore di Gesù e Maria, fine del Settecento. È molto bella, ma più che una preghiera è una sfida a questo amico, a questo padre, a questo custode nostro che è San Giuseppe. Sarebbe bello che voi imparaste questa preghiera e possiate ripeterla».
Eccola, la preghiera.
"Glorioso Patriarca San Giuseppe, il cui potere sa rendere possibili le cose impossibili, vieni in mio aiuto in questi momenti di angoscia e difficoltà. Prendi sotto la tua protezione le situazioni tanto gravi e difficili che ti affido, affinché abbiano una felice soluzione. Mio amato Padre, tutta la mia fiducia è riposta in te. Che non si dica che ti abbia invocato invano, e poiché tu puoi tutto presso Gesù e Maria, mostrami che la tua bontà è grande quanto il tuo potere. Poiché tu puoi tutto presso Gesù e Maria, mostrami che la tua bontà è grande quanto il tuo potere".