Altro che Salerno-Reggio Calabria, la A2, da sempre paradigma di sprechi e ritardi ha richiesto 12 anni per la realizzazione e 19 anni per le manutenzioni per 443 km di autostrada a percorrenza gratuita. L’iter procedurale per l’autostrada “nostrana” partito nell’agosto 1988, dopo quasi 35 anni non si è ancora concluso per appena 90 km di strada, in buona parte sfruttando il tratto esistente della Torino-Savona. Ulteriore differenza con la Salerno-Reggio Calabria: qui i pedaggi si pagano e sono tra i più salati d’Italia.
Una sofferenza infinita, una ferita aperta e ormai incancrenita che un territorio come il nostro non merita. Di più, una vergogna aggravata dal fatto di concretarsi in una terra che ha dato i natali a grandi esempi di operosità come Michele Ferrero, i fratelli Miroglio, Giacomo Morra, Giacomo Oddero, Roberto Ponzio e molti altri. Non può essere definita in altro modo l’eterna incompiuta Asti-Cuneo, la telenovela che dal primo gennaio 2023 si è arricchita di un nuovo grottesco episodio. Nel giorno in cui il concessionario aveva promesso di aprire finalmente il lotto 2.6 B, l’unica novità è stato l’ennesimo aumento delle tariffe di percorrenza.
La società Asti-Cuneo, controllata al 65% dal Gruppo Astm (Gavio) e al 35% da Anas ha comunicato un aumento dei pedaggi, del 4,30%. In soldoni la tariffa passa da 2,50 euro a 2,60 per le automobili alla barriera di Govone e a 8,10 euro per gli autocarri. Facile capire perché la Statale 231 sia perennemente congestionata da Tir che comprensibilmente scelgono di non pagare oltre 8 euro per una manciata di km di autostrada, in giorni in cui il carburante schizza alle stelle per la conclusione delle misure di contenimento delle accise.
Il presidente della Regione Alberto Cirio e l’assessore ai trasporti Marco Gabusi hanno chiesto all’Asti-Cuneo di sospendere l’aumento dei pedaggi, almeno fino all’apertura del tratto da Cantina Roddi all’Ospedale di Verduno, ma al momento risposte non ne sono arrivate e probabilmente non ne arriveranno.
LA STORIA DELL’AUTOSTRADA IN GRADO DI FAR SEMBRARE LA SALERNO-REGGIO CALABRIA UN CAPOLAVORO DI EFFICIENZA
Da oltre 20 anni svolgo il mestiere di giornalista e da oltre 20 anni mi occupo di Asti-Cuneo, tra ricorsi, contro ricorsi, carte bollate e migliaia di giorni persi nel traffico, con un tributo enorme pagato in termini economici, di tempo sprecato e di vite umane spezzate, in una delle province (guarda caso) con il tasso di mortalità sulle strade più alto d’Italia. 1.500 persone decedute in 20 anni sulle strade della Granda, chissà quante per la mancanza di adeguati collegamenti, fosse anche solo una vita, sarebbe già un pedaggio esoso.
La storia, è utile ricostruirla, con l’aiuto di uno dei pochi personaggi politici romani che hanno affrontato di petto i ritardi dell’Asti-Cuneo parlando apertamente di vergogna per tutta l’Italia tra i banchi del Parlamento: il senatore Lucio Malan, eletto nella tornata di settembre tra le fila di Fratelli d’Italia, dopo un passato in Forza Italia.
Una storia che comincia 35 anni fa, nel 1988, anche se di un’autostrada per collegare i due capoluoghi piemontesi si discuteva dagli anni Sessanta, ma è alla fine degli anni Ottanta che partono le iniziative concrete per realizzarla.
Da subito due società mostrano interesse: la Satap, controllata dalla famiglia Gavio, e Si.Tra.Ci, un consorzio nato per la realizzazione del traforo del Mercantour. «Messo fuori gara con un cavillo il consorzio, il 27 settembre 1990 Anas e Satap stipulano un contratto con cui la concessionaria ottiene l’autorizzazione dello Stato a realizzare l’autostrada Asti-Cuneo. La convenzione prevede interventi pubblici per 35 miliardi di lire. Tanto dovrebbe costare tutta l’A33», spiega il senatore Lucio Malan.
Immediato il primo stop perché gli azionisti della Torino-Savona temendo forti perdite insorgono: la Asti-Cuneo deve correre per un tratto sulla Torino-Savona oppure salta il banco.
Si opta così per la tristemente celebre Z rovesciata, un tratto di 29 km che avvicina al capoluogo solamente di 11 km con un grave danno per gli automobilisti. Satap temporeggia e il Consiglio di Stato con parere del 13 giugno 1998, invita il Ministero dei lavori pubblici a valutare eventuali comportamenti illegali.
Il 2 dicembre 1999 nel momento in cui si deve iniziare l’opera, la Corte dei conti solleva dubbi di legittimità in merito alla concessione della tratta Asti-Cuneo. Nonostante questo, il 16 febbraio 2000 il Ministro Willer Bordon ingiunge all’Anas di proseguire nell’iter, ma interviene il Consiglio di Stato che blocca l’opera il cui costo nel frattempo è lievitato a 840 miliardi di lire dai 35 previsti nella convenzione. A questo punto il Governo di Giuliano Amato firma, nell’estate 2000, un protocollo d’intesa con cui Gavio rinuncia all’Asti-Cuneo ottenendo la proroga dal 2005 al 2017 della concessione per la Torino-Piacenza e indennizza la Satap con 100 miliardi di lire (circa 50 milioni di euro).
In parole povere Malan spiega: «Arrivò così la proroga della concessione su una delle più redditizie autostrade d'Italia, come se non bastasse, l'Anas pagava alla Satap circa cento miliardi di lire per i progetti già redatti. Sembrava però che almeno ci si fossero liberate le mani dal gruppo Gavio per realizzare l’opera».
Sembrava, appunto, perché l’incarico di costruire l’Asti-Cuneo passa all’Anas che nel maggio 2003 annuncia di voler bandire una gara europea per la ricerca di soci privati per costituire una Spa che finanziasse circa il 65% del costo delle opere.
«A questo punto pare ovvio che Satap/Gruppo Gavio non potessero partecipare a tale gara poiché era stata revocata la concessione; invece venne consentito di partecipare e vinsero la gara con le società Salt-Itinera», precisa il Senatore Malan.
Nel frattempo, con la quota dello Stato vengono realizzati i lotti compresi tra S. Albano Stura e Massimini, tra Marene e Cherasco e tra Alba ed Isola d’Asti.
La gara per completare l’opera, come anticipato, se la aggiudica l’Ati Salt Spa-Itinera Spa (Gruppo Gavio) con un ribasso dell’11% e l’impegno a completare la A33 entro 4 anni. Siamo nel 2003.
Nel luglio 2005 vengono aperti i tratti realizzati da Anas Massimini-Cuneo e Massimini Sant’Albano Stura, i lotti 1.1 e 1.2. Nell’aprile 2007 i lotti 2.2 Isola d’Asti-Motta, 2.3 Govone-Neive e 2.4 Neive Guarene e nel giugno dello stesso anno i lotti 2.7 Diga Enel-Cherasco e Cherasco-A6 a Marene.
Poi? Poi i rapporti tra il Ministero dei trasporti e la società Asti-Cuneo si sono arenati in un iter di elaborazione e revisione dei progetti mastodontico e macchinoso che ha richiesto il coinvolgimento autorizzativo di una moltitudine di enti e amministrazioni. Nel frattempo, i costi sono lievitati avvicinandosi a 2 miliardi di euro complessivi.
Si lavora a ritmo ridotto fino al 2012, poi le opere si arrestano di colpo.
Dei 18 lotti di cui è costituito il progetto, 7 erano già stati realizzati dall’Anas prima della costituzione della Società Asti-Cuneo, 6 sono stati completati da quest’ultima e 5 restano da realizzare, ma si tratta della parte più impegnativa e costosa. Lucio Malan commenta: «Dall’aggiudicazione abbiamo assistito a continui aumenti di costi fino al 276% sui singoli lotti realizzati: il lotto 1.4.3 Castelletto-Stura è passato da 100 a 170 milioni, il lotto 1.5 Cuneo da 65 a 120 milioni, il lotto Rocca Schiavino – Isola d’Asti da 8,5 a 32 milioni, in totale sono previste spese aggiuntive di circa 800 milioni, cioè l’81% più del previsto nella gara».
L’opera finisce nel dimenticatoio fino all’intervento del ministro Graziano Delrio prima e del presidente del consiglio Giuseppe Conte che nel 2019 visita il troncone interrotto dell’autostrada a Cherasco e sblocca in prima persona la Asti-Cuneo, nota di merito, ma con un accordo che ancora una volta non crea mal di pancia al socio privato, anzi.
Finisce in un cassetto l’ipotesi della galleria nella collina di Verduno, troppo costosa, in luogo di una più impattante soluzione in superficie. Per il completamento dell’opera i 346 milioni di euro necessari a realizzare i 9 km di tratto mancante saranno pagati dalla concessionaria, che in cambio ha ottenuto il riconoscimento di un valore di subentro complessivo pari a 1 miliardo e 233 milioni, quando saranno rinnovate le concessioni nel 2026 della Torino-Milano (888 milioni) e della stessa Asti-Cuneo, nel 2031 (345 milioni). Il piano prevede il blocco tariffario fino al 2022 sulla tratta esistente, mentre dal 2023 gli incrementi dovevano procedere entro la soglia annua del 2,2%.
Nonostante il riavvio dei lavori il cronoprogramma presentato dalla concessionaria non è stato rispettato e il primo gennaio 2023 non è stato aperto il lotto 2.6 B. La speranza fondata per chi ogni giorno vede con i propri occhi l’avanzamento dei lavori è che il tratto possa essere aperto nel giro di poche settimane, ma comunque in ritardo rispetto alle promesse e diventa sempre più difficile pensare che l’autostrada con il lotto 2.6 A da Verduno a Cherasco possa essere completato entro il 2024, come più volte sottolineato dall’Osservatorio per la Tutela del Paesaggio di Langhe e Roero che da sempre tiene accesi i riflettori su un’opera paradigma di sprechi.
Sarà comunque troppo tardi, sarà comunque troppo cara e sarà costata un pedaggio pantagruelico anche in termini di immagine per un territorio che non meritava una vergogna del genere e che è attesa ad anni di passione per l’adeguamento della tangenziale di Alba che durerà oltre 20 mesi.
E si badi bene a non demonizzare il privato che ha fatto semplicemente i propri interessi, la responsabilità è tutta di uno Stato debole, nella migliore delle ipotesi, che non ha controllato. La responsabilità è politica e l’Asti-Cuneo è l’esempio lampante del fallimento del sistema delle concessioni: se l’autostrada fosse stata realizzata da Anas, pur con tutte le lentezze della macchina burocratica dell’apparato statale oggi, probabilmente ricorrerebbero i 20 anni dall’apertura dell’A33.
Una vergogna del genere non la meritavamo noi, non la meritavano i grandi patriarchi che hanno fatto conoscere il cuneese nel Mondo e basta definire l’Asti-Cuneo la Salerno-Reggio Calabria del nord. La A2, da sempre paradigma di sprechi e ritardi ha richiesto 12 anni per la realizzazione e 19 anni per le manutenzioni per 443 km di autostrada a percorrenza gratuita.
L’iter procedurale per l’autostrada “nostrana” partito nell’agosto 1988, dopo quasi 35 anni non si è ancora concluso con un costo di realizzazione schizzato a 2,5 miliardi di euro. Ulteriore differenza con la Salerno-Reggio Calabria: qui i pedaggi si pagano e sono tra i più salati d’Italia.