Il Segretario generale della CGIL Cuneo, Davide Masera, prova a fare un po’ di chiarezza sul tema Cosa vuol dire utilizzare i voucher in luogo dei contratti nazionali di riferimento?
D.M.: un lavoratore pagato a voucher non può godere della malattia pagata, delle ferie, del TFR, della tredicesima mensilità, dell’indennità di disoccupazione, dei contributi per la pensione. Quindi è una persona che ha meno diritti, è più sfruttata e ha meno tutele in caso di non lavoro.
Ma in certi casi il voucher garantisce una retribuzione oraria netta superiore a i contratti nazionali
D.M.: è una bugia. La retribuzione è fatta di tante cose che ho citato prima e non si riduce alla paga oraria. Cosa succede se mi ammalo o se ho bisogno di un giorno di ferie? Chi me li paga se vengo retribuito con i voucher? Il provvedimento del governo stabilisce un minimo di tre voucher per pagare la giornata alla lavoratrice o al lavoratore interessato.
Cosa vuol dire in termini pratici?
D.M.: Vuol dire aumentare a dismisura la platea dei lavoratori sottopagati, favorire il lavoro grigio e cancellare lo stato di diritto per le persone coinvolte. Tre voucher sono pari a 22 euro e 50 netti a giornata. Quante ore verranno lavorate per quella somma? Chi controllerà? La risposta a illegalità, lavoro precario, sfruttamento sta nella corretta applicazione dei contratti nazionali di lavoro che vanno rinnovati nei tempi dovuti. Il governo sta assumendo provvedimenti sbagliati nel merito e pericolosi nella forma. Le persone hanno diritto a un’esistenza dignitosa e non possono farlo se continuano a essere sottopagate e sfruttate.
Quale risposta dare a Coldiretti, Confagricoltura, CIA cuneesi? D.M.: Le associazioni datoriali dovrebbero pensare a investire sulle lavoratrici e sui lavoratori che occupano nelle loro campagne anziché cercare sempre la forma più mortificante e offensiva per pagarle di meno. Serve investire in prodotti di qualità e negoziare con maggiore forza e unità con gli intermediari del settore alimentare che dominano il mercato, impongono prezzi bassi agli agricoltori e si portano via la maggior parte del valore aggiunto che si realizza. È troppo facile scaricare le proprie inefficienze e incapacità sugli ultimi della filiera produttiva. I problemi stanno in alto e non in basso.