In Langhe e Roero questa settimana non si è parlato d’altro. In attesa che oggi il Palio degli Asini regali emozioni e qualche immancabile discussione, l’attenzione è stata totalmente monopolizzata da “Alba”, la bambina di Valerio Berruti.
Sia chiaro, è da mesi che l’artista albese aveva già vinto a mani basse, riuscendo a far innamorare la famiglia Ferrero della piccola, alta 12,5 metri, che da giovedì sera svetta in una delle due piazze che si contendono il centro della città del Tartufo bianco. Mai la famiglia si era così esposta e mai si era così donata agli albesi, che a migliaia, hanno voluto assistere all’evento, per molti versi storico. Mai Giovanni Ferrero si era spinto così oltre giurando amore eterno alla città di Alba. Ergo aveva già vinto lui e aveva vinto per tutti noi. Punto.
Dell’opera “Alba” tutti si sono fatti un’idea, tutti si sono sentiti in diritto e dovere di esprimerla, alcuni hanno anche un tantinello esagerato nei giudizi, ma fa parte dei giochi e Valerio Berruti lo sapeva bene. Per quasi 200 anni gran parte del mondo dotto, della chiesa e dei notabili ha ritenuto il capolavoro sommo dell’arte mondiale: la Cappella Sistina di Michelangelo, nell’ordine: “eccessiva”, “impudica”, “oscena”. Ed era la Cappella Sistina di Michelangelo Buonarroti da Caprese, il capolavoro sommo, probabilmente il punto più alto mai toccato dall’estro umano. La Cappella Sistina ha diviso per secoli l’opinione pubblica, ci sarebbe stato da preoccuparsi se non l’avesse divisa “Alba” di Valerio Berruti da Alba, finalmente, lasciatemelo dire, profeta in patria.
Bruno e Roberta Ceretto hanno fatto scuola e solo loro sanno quante critiche hanno ricevuto per la loro cappella delle Brunate, fino a ieri chiesetta abbandonata in un angolo difficilmente accessibile delle Langhe e oggi protagonista di milioni di selfie.
L’arte in quanto tale è soggettiva ed è bella o brutta, in base alle corde che riesce a toccare. È sempre stato così e così, fortunatamente, sarà sempre, fin quando l’uomo sarà un animale senziente in grado di provare dei sentimenti.
Tornando ad “Alba”, io invidio quelli che guardando una foto da 100 km di distanza riescono ad avere un’idea precisa su tutto e un giudizio per qualsiasi cosa. Un giudizio spesso perentorio e immutabile. Io non ci riesco, per questo ieri mattina ho provato a fare un piccolo sondaggio, durante il mercato. Ho sostato un’ora sotto l’opera e ho ascoltato le impressioni dei presenti.
Dal mio breve e per nulla significativo sondaggio emerge come la gente comune che passeggia nelle strade della città abbia mediamente apprezzato “Alba”, mentre gran parte dell’élite culturale l’abbia stroncata senza possibilità di appello.
I “bella”, i “ma dai, non è così grande” e i “facciamo un selfie” della folla sono stati così spezzati da giudizi come “sproporzionata”, “fuori contesto”, fino al lapidario “sembra un anatroccolo grande”.
Un Solone mi ha detto che la prova inconfutabile della bruttezza di “Alba” sta nelle perplessità di un suo amico che vedendo la fotografia di fontana e statua gli avrebbe chiesto chiarimenti sul significato dell’opera. La conclusione del Solone è che, se il suo amico dell’élite culturale non ha compreso il significato dell’opera, quell’opera vale nulla.
Sarà, io frequento periodicamente musei e mostre e non capisco il 90% dell’arte contemporanea, ma non per questo ritengo che valga nulla. Ma io fortunatamente sono un ignorante che sa di non sapere, e va bene così.
Il mantra del Solone si è spostato poi sulla collocazione non adatta in piazza Michele Ferrero.
Sia chiaro, se “Alba” fosse stata installata in piazza Risorgimento, nel cuore religioso, letterario e politico della città, posso giurarvelo avrei fatto le barricate, sarei stato il primo a incatenarsi sotto il Municipio, ma piazza Michele Ferrero, l’ex piazza Savona è sempre stata una piazza in divenire, in passato mercato delle uve, centro nevralgico della “gigarela”, sede di un bar-ristorante che ha fatto la storia, capace di 2.000 coperti al giorno. Ritengo non ci possa essere una collocazione migliore della ex piazza Savona per un’opera che nasce per essere di tutti, l’opera con cui Valerio Berruti da artista albese diventa l’artista di Alba.
Tirando le somme, piazza Michele Ferrero è da sempre la piazza del popolo albese. Un popolo che oggi si fotografa davanti ad “Alba” e non più davanti alle orrende piastrelle colorate, rotte, della precedente versione della piazza. E, per questo, bisogna riconoscere il coraggio dell'attuale Amministrazione comunale, che ha investito per rimettere mano a una piazza rifatta pochi anni fa, e che ha creduto fortemente in questo progetto voluto da Valerio Berruti e dalla famiglia Ferrero.
Un bel salto di qualità. Nel frattempo, ieri mi hanno chiamato due amici dalla Basilicata e da Milano dicendomi di aver sentito parlare di “Alba” e che presto verranno a vederla.
A me in fondo piace, ma chissenefrega, da una settimana in tutta Italia si parla di “Alba” e di Alba, una cittadina di 30 mila abitanti, mal collegata al resto del Mondo; quindi, per ora nella piazza dei gigarela, Valerio e la famiglia Ferrero hanno pienamente vinto la loro scommessa.
Soltanto il tempo ci dirà se “Alba” diventerà un simbolo oppure solamente una delle tante vesti della piazza degli albesi.