"Siamo a un punto di non ritorno, lo dicono infermieri medici e operatori e qualcuno deve assumersi la responsabilità. Non si può lasciare il cerino in mano a chi lavora". Francesco Coppolella, segretario regionale di Nursind Piemonte, soppesa le parole e le scandisce con cura. "Punto di non ritorno". E i riflettori sono accesi sui pronto soccorso. Presi d'assalto, affollati e spesso in difficoltà, soprattutto nello smistamento delle persone che hanno bisogno di ricovero.
Esposti in procura
"Abbiamo deciso di fare un esposto alle procure di Torino e Ivrea, ma presto accadrà anche in altre zone: ci sono leggi e norme, nell'accesso alle cure dopo il triage, che però non trovano applicazione, paletti che non sono rispettati, ma ogni ospedale va per conto proprio, con conseguenze sulla salute della gente". "Lo dicono studi scientifici: non lo diciamo noi".
Non più di due ore di attesa che diventano giorni
Per esempio? "I pazienti non possono stare per più di due ore nei Pronto soccorso, dopo il triage - dice Coppolella - altrimenti c'è un peggioramento degli esiti, ritardi nel trattamento ed esposizione agli errori. E invece a Torino si va dai due ai sette giorni". In dettaglio dai due a tre giorni al San Giovanni Bosco, da due a quattro a Carmagnola, da tre a sei al Martini e al San Luigi, da tre a sette a Chivasso, fino a cinque a Rivoli. E così via. Incide ovviamente il numero degli addetti: "Abbiamo personale che è tre-quattro volte inferiore a quello che dovrebbe essere".
Aggressioni e personale in fuga
Per non parlare degli episodi di stress e di aggressioni nei confronti degli operatori. "Il personale viene lasciato solo, anche nel momento della denuncia. E alla fine tutto resta impunito". Aggressioni, verbali ma anche fisiche. Minacce. Le cronache purtroppo raccontano un campionario vasto.
E spesso la soluzione è la fuga: "Tanti colleghi si dimettono in massa, perché è angoscioso, stressante, ma anche pericoloso".
Prima degli esposti, Nursind ha cercato il dialogo: "Abbiamo scritto alle aziende, ma quasi nessuno ci ha risposto. E il cerino non può essere lasciato in mano agli operatori".
Rivalutazione di chi è in attesa
Ma le linee guida vengono disattese anche quando si tratta di passaggi e rivalutazione per i codici meno gravi. "Immaginate come sia possibile rivalutare i pazienti entro i tempi stabiliti se la sala d'attesa è piena e ci sono emergenze". "E non si tratta di emergenza o di Covid - conclude Coppolella - : questa è la quotidianità nelle strutture del territorio".
Anche la Corte dei Conti
"Ci rivolgeremo poi alla Corte dei Conti per capire che fine hanno fatto gli 80 milioni stanziati per la riorganizzazione territoriale della sanità e l'assunzione di infermieri di territori. Che fine hanno fatto?", conclude Coppolella.
"Ogni giorno ci vengono segnalate molte criticità dai colleghi - aggiunge Giuseppe Summa, segretario torinese di Nursind - : la situazione è peggiorata dal 2017 in poi e abbiamo già fatto esposti. Ma più dell'afflusso, pesa il tempo di accesso al reparto per i pazienti che non vengono dimessi, ma che il medico decide di ricoverare. Spesso sono pazienti anziani, geriatrici". "Una volta si andava a lavorare in Pronto dopo una lunga gavetta, ora gli operatori non ci vogliono più andare".
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