Il Duomo, i navigli, il castello Sforzesco, le vie dello shopping, il Milan, l’Inter. A Milano c’è tutto e pure di più. Parliamo delle periferie, come quelle descritte dal poeta e narratore Giovanni Testori nel libro “Il Ponte della Ghisolfa” (Feltrinelli, 1961).
Chi la conosce questa storia? La parola a Bernardo Negro: il volume raccoglie una serie di racconti ambientati nella periferia milanese negli anni che seguirono l’impatto oscuro e luminoso del cosiddetto “miracolo economico”.
Sono personaggi e ambienti in indefinibile evoluzione tra promesse e disfatte. La struttura del libro è tale che i racconti sono collegati tra di loro in un reticolo romanzesco. I protagonisti appaiono affini od opposti tra loro nella convulsa ricerca di vivere. Lo sfondo sono i bar, le palestre, le corse ciclistiche con le tifoserie sospese tra entusiasmo e delusioni.
C’è il campione del pedale Pessina, sicuro di sé fino alla strafottenza, c’è l’infidoallenatore di pugilato Morini, che si muove tra minacciosi fiumi di denaro. La trama principale si concentra su un uomo, meglio conosciuto come il Brianza, che lavora per il bar di Wally, donna dalle risorse sempre celate in sotterfugi. Lui è innamorato di Wanda, una prostituta che cerca un’accettabile normalità, ma sarà lui a perdere posto di lavoro ed amori.
Si inserisce la storia di Enrica col marito Michele e con il cognato Raffaele. Sono meridionali e vivono sotto lo stesso tetto con le conseguenze che si possono immaginare. Denominatore comune delle varie storie è un desiderio di riscatto che lo scrittore Testori, cattolico d’assalto, trova infine negli sbalzi indecifrabili della coscienza, mai dimenticata anche nei momenti più controversi.
Il romanzo, chiamiamolo così, ispirò Luchino Visconti per il film “Rocco e i suoi fratelli”, che concluse praticamente il periodo d’oro del Neorealismo, che in “Ossessione” dello stesso Visconti, aveva visto emergere il primo capolavoro. Quanto al libro, vale il suo stile asciutto e particolareggiato, il ritratto di una Milano che cerca di identificarsi anche nelle periferie, che si rinnovano. È comunque un classico del Novecento, validissimo oggi.
Da leggere come un romanzo storico in cui è rintracciabile un futuro, mai completamente avverato.