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| 19 maggio 2022, 09:24

Il comizio di Cuneo e le ultime battaglie di Enrico Berlinguer a cento anni dalla sua nascita

Un'analisi storica del presidente dell'Istituto storico della Resistenza e della società contemporanea di Cuneo, Livio Berardo

Il comizio di Cuneo e le ultime battaglie di Enrico Berlinguer a cento anni dalla sua nascita

I due mesi intercorsi fra il comizio tenuto a Cuneo sulla piazza del municipio e la morte avvenuta a Padova l’11 giugno 1984 in conseguenza di un ictus che l’aveva colpito quattro giorni prima sul palco furono spesi da Enrico Berlinguer in un instancabile peregrinare attraverso l’Italia per motivare i compagni nelle due battaglie in cui il partito era impegnato.

Una era quella contro il taglio della scala mobile, vale a dire il meccanismo di indicizzazione dei prezzi che risarciva, con qualche ritardo, i lavoratori dipendenti dalla perdita del potere d’acquisto causata dall’inflazione (nel 1980 aveva raggiunto il 21,2%!).

Non era più inflazione da incremento della domanda alimentata dai miglioramenti salariali, come era stata all’inizio degli anni ’60, era una vera e propria inflazione da costi, iniziata nel 1973, a seguito della prima crisi petrolifera, e proseguita nel 1979, con la seconda crisi energetica.

Si era poi innescata la cosiddetta spirale inflazionistica, un meccanismo perverso, per cui produttori e venditori si comportano come se i prezzi dovessero continuare ad aumentare.

A ciò si aggiunse un crescente deficit (e poi debito) nel bilancio dello Stato, su cui il sistema di potere democristiano, ora in competizione con un’aggressiva politica di occupazione dei posti da parte del PSI di Craxi, scaricava i costi tanto delle riforme (il servizio sanitario nazionale, per tutte) quanto del clientelismo (le baby pensioni nel pubblico impiego!).

La mancata riforma fiscale consegnava intere classi sociali all’evasione. I lavoratori dipendenti non avevano nessuna responsabilità né per la spirale inflazionistica né per i buchi di bilancio. Furono scelti come agnello sacrificale, per non toccare i privilegi della rendita parassitaria e di altri ceti, organici al blocco sociale del pentapartito.

Così il 14 febbraio 1984 un decreto (detto non a caso di San Valentino) - approvato dal governo Craxi - tagliò 3 punti percentuali della scala mobile. Scioperi spontanei scoppiarono qua e là nel paese. La CGIL, almeno nella sua parte maggioritaria, assunse la guida della protesta con grandi manifestazioni.

Il PCI intraprese una dura lotta parlamentare per la modifica del decreto, che come tale doveva essere convertito in legge. Per l’irrigidimento di chi l’aveva pensato e di chi fra le organizzazioni sociali accettato non fu possibile alcun miglioramento. Divenne legge il giorno dopo la morte di Enrico Berlinguer. Come aveva dichiarato il governatore onorario della Banca d’Italia Paolo Baffi, la sua efficacia in politica economica era prossima allo zero. Segnò invece una sconfitta per il movimento operaio e l’inizio dello smantellamento delle conquiste sociali degli anni ’70.

Gli ultimi mesi di vita furono spesi da Berlinguer per un’altra grande campagna, quella per la pace e il disarmo.

Nel 1977 l'Unione Sovietica aveva installato nella sua parte europea i missili SS-20, o missili a corta gittata, in grado di raggiungere molto velocemente gli obiettivi oltre la frontiera e senza lasciare il tempo di una risposta simmetrica. Così nel dicembre 1979 la NATO decideva di dispiegare un certo numero di Pershing e Cruise, le cui caratteristiche li rendevano simili agli SS20.

I missili dovevano essere istallati in Germania e Gran Bretagna. Con particolare zelo prima Cossiga, quindi Craxi offrirono agli USA la base di Comiso in Sicilia. Anche in Italia si sviluppò un ampio movimento pacifista, di cui il PCI fece parte. Attorno all’aeroporto si tennero grandi raduni. Per mano della mafia, che aveva posto gli occhi sugli appalti per il riadattamento, perse la vita Pio La Torre, segretario regionale del PCI, già estensore con il ministro Rognoni della legge che introduceva il sequestro dei beni dei malavitosi.

Berlinguer fu accusato di fare il gioco dell’URSS. La sua proposta in realtà non mirava al disarmo unilaterale. bensì bilaterale. Dichiarava l’11 maggio 1984: “Se si è creato con gli SS20 uno squilibrio, ebbene si smantellino i missili che risultano aver alterato l'equilibrio e non se ne installino altri. Secondo: si vada subito ad un negoziato reale e per tutto il tempo necessario a conseguire l'obiettivo di una riduzione… Gli Usa e la Nato dovrebbero dichiararsi e dimostrarsi disposti a ritirare gli euromissili già installati. L'Urss e il Patto di Varsavia dovrebbero dichiararsi e dimostrarsi disposti a ritirare i nuovi missili”.

Posizioni analoghe esprimevamo Olof Palme e Willy Brandt. Sarà su questi presupposti che l'8 dicembre 1987 Reagan e Gorbaciov nell’accordo per l’eliminazione di 2000 testate nucleari inseriranno innanzi tutto lo smantellamento degli "euromissili".

Berlinguer non poté vedere l’affermazione di una linea lungimirante, di pacifismo al contempo sostanziale e giuridico. Fa specie ascoltare in questi giorni commenti di giornalisti o di esponenti di forze politiche, che dovrebbero aver conservato, sia pur diluita, qualche traccia dell’eredità di Berlinguer, farne un’apologeta della NATO.

Si cita spesso a sproposito l’intervista rilasciata il 15 giugno 1976 al «Corriere della Sera». Berlinguer non ha mai usato la parola “ombrello”. È stato invece l’intervistatore, Giampaolo Pansa, a chiedergli: "Il Patto Atlantico può essere uno scudo utile per costruire il socialismo nella libertà?".

La risposta fu: "Io voglio che l’Italia non esca dal Patto Atlantico anche per questo, e non solo perché la nostra uscita sconvolgerebbe l’equilibrio internazionale. Mi sento più sicuro stando di qua, ma vedo che anche di qua ci sono seri tentativi per limitare la nostra autonomia".

Quindi Pansa aggiunse: "Comunque, lei non crede che il socialismo nella libertà sia più realizzabile nel sistema occidentale che in quello orientale?".

Berlinguer precisò: "Sì, certo, il sistema occidentale offre meno vincoli. Però stia attento. Di là, all’Est, forse, vorrebbero che noi costruissimo il socialismo come piace a loro. Ma di qua, all’Ovest, alcuni non vorrebbero neppure lasciarci cominciare a farlo, anche nella libertà".

Il PCI aveva rinunciato a chiedere l’uscita dell’Italia dalla NATO: se l’obiettivo era il superamento contestuale dell’Alleanza atlantica e del Patto di Varsavia, uscite unilaterali avrebbero incrinato l’equilibrio fra gli schieramenti.

Berlinguer sapeva benissimo che il Patto di Varsavia aveva significato i carri armati a Budapest o a Praga, ma non ignorava che all’ombra della NATO si era consumato il golpe dei colonnelli greci, erano stati intrapresi i conati di De Lorenzo e Borghese, ordite le trame di Licio Gelli.

La sua analisi era intrisa al contempo di grande tensione ideale e di razionale realismo.

 

 

 

 

Livio Berardo

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