‘L’Eneide di Didone’ di Marilù Oliva (Solferino) è un’opera audace che ci rituffa nel mito, indagando allo stesso tempo il presente. La trama è scorrevole e ricca di emozioni. Didone ha conquistato con l’astuzia una terra per il suo popolo, i Fenici, sulle coste africane.
Regina senza re, ha fondato Cartagine, l’ha cinta di mura, l’ha dotata di leggi. Ma è assediata dall’avidità dei capi nomadi, stanca delle quotidiane fatiche diplomatiche, preoccupata per il futuro e si sente sola.
Un giorno approdano le navi degli stranieri: sono fuggiti da Troia in fiamme e li guida un eroe di cui lei ha udito cantare le gesta, Enea. Comincia così una delle più grandi storie d’amore, tradimento e disperazione mai raccontate, immortalata nell’Eneide di Virgilio. Ma c’è una voce da cui non l’abbiamo mai sentita narrare: quella della protagonista, Didone stessa, donna forte e sopravvissuta a mille traversie che pure si uccise per amore. O almeno, questo è ciò che sappiamo.
Ma come sono andate davvero le cose? Qual è la versione al femminile dietro alla partenza di Enea da Cartagine e al suo viaggio verso la penisola italica, che portò alla fondazione di Roma? Meglio di chiunque altra lo sanno forse due dee, Giunone e Venere: l’una è la guida agguerrita di Didone, l’altra è l’amorevole protettrice di Enea. E un conflitto divino farà da sfondo ad una sorprendente avventura umana sulle due sponde del Mediterraneo, che cambierà le sorti del mondo.
Per Marilù Oliva, raccontare la storia di Didone è un pretesto per parlare della condizione femminile, senza però piangersi addosso, nemmeno per un momento. Ma il quadro degli eventi è dominato dalle tensioni di guerra. Chi ha una qualche familiarità con l’opera di Virgilio, sa bene quante pagine l’autore abbia dedicato ai conflitti, alle battaglie. Come non pensare a quello che sta succedendo in questi giorni? Didone era una donna pratica che amava impugnare la spada, ma disponibile ad un accordo di pace, se equo e giusto.
Oggi, un po’ tutti noi non sappiamo come affrontare le notizie che leggiamo, che ascoltiamo. E probabilmente ci ripetiamo quello che si chiedeva Didone: “Che senso ha questa guerra feroce?”.