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Attualità | 04 aprile 2022, 19:18

Mimmo Caruso, top player tra ristorazione e calcio: storia di un langhetto napoletano

L’imprenditore albese, di origini partenopee, racconta il suo lavoro e le sue amicizie, che lo hanno portato a diventare una figura di riferimento per chef e calciatori. Due i progetti che potrebbero portare a investire in Langhe e Roero alcuni giocatori di Serie A

L'imprenditore albese Mimmo Caruso in compagnia dello chef Antonino Cannavacciuolo

L'imprenditore albese Mimmo Caruso in compagnia dello chef Antonino Cannavacciuolo

“Sono il signor Wolf, risolvo problemi”: nell’iconica battuta di Harvey Keitel tratta dal capolavoro di Quentin Tarantino “Pulp Fiction”, c’è l’essenza del vulcanico Mimmo Caruso, un quintale abbondante di travolgente simpatia, imprenditore albese di origini napoletane attivo nel mondo della ristorazione attraverso la Libra SRL (dedicata alla progettazione, costruzione e vendita di cucine professionali) e sempre più affermato in qualità di problem solver a 360 gradi, particolarmente apprezzato nell’universo calcistico. Dalla scelta all’arredamento della casa, all’assistenza burocratica, fino alla partnership negli investimenti, per tantissimi calciatori, con la sua Libra Soluzioni, è diventato uomo di fiducia e facilitatore per fuoriclasse e giovani emergenti, forte di una fama ormai consolidata nell’ambiente.

Da dove parte la sua avventura?

“Sono nato ad Alba nel 1964, ma il mio cognome indica chiaramente le mie origini napoletane. Mio papà Enrico, dopo aver giocato a calcio nella primavera del Napoli e passato alla Ternana, è arrivato all’Albese Calcio, dove ha fatto l’allenatore. Io sono cresciuto qui, nelle Langhe, ma sin da bambino tornavo tutte le estati giù a Napoli dalla nonna, che faceva la donna di servizio presso un notaio. Per tre mesi l’anno vivevo da scugnizzo a Fuorigrotta, circondato da cugini e amici, come Paolo e Fabio Cannavaro, i primi amici che ho avuto nel mondo del calcio. In quelle estati ho anche iniziato a capire il mondo del commercio: scaricavo le angurie per i chioschi di via Caracciolo e mi davano 5.000 lire per un’intera giornata di lavoro. Sono stati anni molto belli, per me”.

Tracciamo una breve biografia?

“Sono sposato da 25 anni con Michela, che lavora in azienda con me: se sono ciò che sono, lo devo a lei. Non abbiamo figli, ma un nipote, Diego Armando, figlio di mia sorella. Riavvolgendo il nastro, ho studiato ad Alba, da perito chimico: mi sono diplomato con 36/60 per meriti sportivi, avendo vinto ai Giochi della Gioventù il campionato italiano di lancio del peso. Lo sport ha sempre fatto parte della mia vita… Ho anche giocato a basket in quello che allora si chiamava ‘Il Giornalino’, calcando il parquet – tra gli altri – con Carlo Della Valle. Dopo la maturità, ho cominciato subito a lavorare”.

Il primo lavoro?

“La mia grande fortuna è stata quella di aver fatto l’animatore nei villaggi turistici: Cuba, Cayo Largo del Sur, Sardegna… ho sempre preferito le stagioni calde. Mi è capitato anche di lavorare insieme a Beppe Fiorello, simpaticissimo. Quel lavoro mi ha insegnato davvero tanto della vita: quando in un bungalow c’era qualcosa che non funzionava, arrivavo io. Non ero capace a riparare nulla, sia chiaro, ma avevo grande empatia… Quattro chiacchiere e due battute, e in pochi minuti la famiglia ospite del bungalow si dimenticava dei problemi ed era in spiaggia con me a divertirsi, mentre altri più bravi di me si occupavano di sistemare il guasto. Lì ho capito di essere un buon commerciale e che i problemi si superano meglio se vengono affrontati col sorriso e con un’attitudine positiva. Ho portato queste lezioni anche nel mio primo impiego a tempo pieno, in Unieuro, dove ho iniziato a lavorare nel 1981”.

Com’è andata?

“Lavoravo in un ipermercato Sidis, per la famiglia Revello, nel reparto elettrodomestici: frigoriferi, forni, macchine per la cucina… in fondo, è quello che faccio ancora oggi. Ero bravo a vendere: un giorno in negozio passò Oscar Farinetti, e mi vide all’opera… Mi propose di andare a lavorare per lui. Accettai e per 11 anni ho lavorato in Unieuro: praticamente tutti i sabati, alla chiusura del negozio, Farinetti mi dava la mancia, perché avevo venduto tanto. Da lui ho imparato che le persone vanno valorizzate: se le cose vanno bene, ancora adesso, in azienda da me, c’è un premio per i miei collaboratori. Oscar è il miglior imprenditore che abbia mai conosciuto: riesce a valorizzare tutto quello che tocca, perché lavora con il cuore prima ancora che con la testa. E ha capito, pensiero che condivido assolutamente, che l’Italia è il miglior Paese al mondo: abbiamo paesaggi meravigliosi e una tradizione enogastronomica senza rivali… Ha avuto successo perché è partito dall’Italia, dove abbiamo tutto quello che serve per primeggiare”.

Parte da qui la sua avventura imprenditoriale?

“Citando Farinetti: i telefonini lasciamoli fare agli altri… Noi occupiamoci di turismo, vino e cucina. Nel 1994 ho dato vita a Libra, cominciando a vendere bilance e registratori di cassa. Poi, andando in giro per il Piemonte, i clienti hanno cominciato a chiedermi anche frigoriferi, forni, cucine. Quello della tavola è uno dei piaceri più grandi per ciascuno di noi… è un mondo stupendo. Così, negli anni sono diventato amico di moltissimi chef: ne devo ringraziare tanti, ma più di chiunque altro il mio grazie va ad Antonino Cannavacciuolo. Tonino mi chiamò perché aveva bisogno di un’affettatrice per un evento: dalla fornitura di un’attrezzatura nacque la nostra amicizia, favorita da caratteri simili, dalle nostre origini napoletane e da una storia con diversi tratti in comune. Entrambi lavoriamo col cuore: io con gli attrezzi, lui con la materia prima. Qualità e informalità sono il nostro mood: lui dà una pacca sulla spalla, io abbraccio le persone. Perché tutti noi abbiamo bisogno di fisicità: sempre senza essere invadenti, è bello far sentire agli altri la propria presenza, con grande empatia”.

Com’è lavorare con gli chef?

“Il mondo della ristorazione è cambiato moltissimo, negli anni. Oggi non basta saper cucinare: la ristorazione è fatta da imprenditori, perché sono sempre più le variabili che intervengono nella conduzione di un ristorante, che è un’azienda a tutti gli effetti. In Libra abbiamo una squadra di 19 dipendenti, molto affiatata: ogni mattina, la giornata lavorativa non comincia se non abbiamo preso un caffè tutti insieme. Se uno è contento di lavorare, darà sempre il meglio. Qui in Piemonte ho imparato dalla gente la dedizione al lavoro: unita alla fantasia e all’estro napoletani, dà vita a un mix vincente, che mi ha aperto tante porte”.

C’è qualche nuovo progetto al quale sta lavorando?

“Non posso svelare troppo, ma ci sono due progetti che sto portando avanti. Il primo riguarda un’azienda in ambito food and wine, con la quale stiamo lavorando per portare il meglio dell’enogastronomia delle Langhe in tutta Europa. Il secondo vedrà invece protagonista il Roero, dove siamo in fase avanzata per la realizzazione di una struttura ricettiva. In entrambi i casi, il mix vincente vede il coinvolgimento di imprenditori del territorio, ristoratori di altissimo livello e investitori, guardando in primo luogo al mondo del calcio, che conosce bene le potenzialità di questa terra, con un paesaggio meraviglioso e una ricchezza enogastronomica senza pari, dei quali è facile innamorarsi”.

Torniamo quindi a parlare del mondo del calcio… Oggi, nel settore, lei è una figura di riferimento.

“I primi giocatori che ho conosciuto sono stati i fratelli Cannavaro, ma negli anni ho avuto la fortuna e il privilegio di diventare amico di moltissimi calciatori, conosciuti per lo più – manco a dirlo – a tavola. I primi sono stati Aronica, Floro Flores, Zuniga… con Tomás Rincón e Lorenzo De Silvestri, poi, abbiamo un’amicizia fraterna: sono stati tra i primi a credere in me. Entrando in questo mondo, mi sono reso conto che potevo dare il mio contributo: i calciatori subiscono grandi pressioni, e per loro è fondamentale scendere in campo liberi da pensieri: in prima persona o con i miei collaboratori, con Libra Solution diamo una mano per quello che serve. Il trasloco quando capita di cambiare squadra, la scelta e l’arredamento della casa, i documenti per il passaporto, la scelta della scuola migliore dove iscrivere i figli, l’acquisto di una nuova automobile, un consiglio sugli investimenti sul territorio o nel mondo della ristorazione, ma anche solo dove trascorrere il giorno libero insieme alla famiglia, mangiando bene… Il nostro territorio di Langhe, Roero e Monferrato, da questo punto di vista, offre moltissime possibilità, ma per me è solo la base di partenza: Alba come Firenze, Gallipoli, Palau, Mazara del Vallo o Bormio… lo abbiamo già detto, l’Italia è il Paese più bello del mondo e con le giuste competenze e le giuste conoscenze, risolvo i problemi di chi si affida a me, ovunque in Italia, con qualche aggancio anche all’estero”.

E, a giudicare dalle foto delle sue frequentazioni calcistiche, sono davvero in tanti.

“Perché per loro sono, prima di tutto, un amico. Dybala, Bonucci, Belotti, Lichsteiner, Sanabria, Zambrotta, Vojvoda, Sirigu, Mandragora… Se in tanti si fidano di me è perché cerco sempre di fare il loro bene, in un mondo pieno di approfittatori. E forse, ciò che piace è che io vado avanti con le mie idee e la mia personalità. In un mondo, quello del calcio a certi livelli, dove si vive di status symbol, io ragioni con la mia testa. Se c’è chi ha un Rolex, io non ce l’ho. Pur frequentando gente con il Rolex al polso, non sono uno da Rolex. Sono sempre Mimmo, cresciuto tra Alba e Fuorigrotta… le persone si fidano di più della gente normale, con un’attitudine positiva e il sorriso sulle labbra. C’è un gesto che mi appartiene, e dice molto di me, che alcuni calciatori miei amici come De Silvestri, Rincon, Izzo, Chancellor hanno cominciato a fare in campo, esultando dopo un gol: portarsi la mano alla bocca strofinandosi le dita sotto il naso. Per me, simboleggia il sapore della vita. E cosa c’è di più bello che assaporare la vita?”.

 

Pietro Ramunno

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