Nei giorni scorsi la Corte Costituzionale ha depositato la sentenza n. 51/2022 sull'inammissibilità del referendum 'cannabis legale'.
L’obiettivo referendario era di depenalizzare la coltivazione della cannabis ed eliminare le pene detentive per qualsiasi condotta legata solo alla cannabis e ai suoi derivati, tranne nel caso del traffico illecito. Il quesito presentato alla Corte chiedeva di eliminare il verbo “coltiva” e l’espressione “reclusione da due e sei anni” per gli illeciti connessi alla cannabis dal comma 1 dell’articolo 73 del Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope. Fermo restando che sarebbe rimasto punibile chiunque “produce, fabbrica, estrae, raffina”.
A commentare il dispositivo motivato è Filippo Blengino, segretario dei Radicali di Cuneo, che, a seguito di un gesto di disobbedienza cvile, è indagato dalla Procura di Cuneo per istigazione al consumo di stupefacenti e a delinquere: "Ciò che emerge dal dispositivo è che la Corte ha anticipato il suo giudizio di legittimità su quella che sarebbe stata la normativa di risulta nel caso in cui il Referendum avesse vinto. Si è andati in una direzione ben oltre il campo di applicazione dell’articolo 75 della Costituzione, che prevede il referendum popolare. Delle accuse avanzate dal presidente della Consulta Amato durante la sua conferenza stampa, che assomigliava più a uno show politico, non si intravede neanche l’ombra. I giudici scrivono che se avesse vinto il sì sarebbe stato legale coltivare le droghe pesanti. Tralasciando il fatto che tali sostanze, come la cocaina, sono quasi impossibili da coltivare in Italia: per essere consumate necessitano di processi di estrazione e raffinazione. Queste condotte, non soggette al quesito posto, sarebbero però rimaste punite. Rispetto al richiamo sulla presunta incompatibilità in quanto il quesito avrebbe portato alla violazione di trattati internazionali, la questione si commenta da sola: in tanti Paesi dove si è legalizzata la cannabis non è stato violato alcun trattato. Chiaro, è sempre preferibile un intervento parlamentare che possa modificare i testi delle leggi e integrarle, a differenza dei referendum. Interventi correttivi delle Camere sarebbero comunque stati possibili dopo il referendum, oltre che auspicabili; ma il quesito avrebbe aperto solo ed esclusivamente alla legalizzazione della cannabis, contribuendo alla riduzione del sovraffollamento carcerario e tagliando drasticamente i proventi delle criminalità organizzate. Evidentemente il presidente Amato, che dichiarava di 'non voler trovare il pelo nell’uovo' per togliere ai cittadini la possibilità di esprimersi sui referendum, sale della democrazia, ha deciso che nell’uovo ci stava una palla di pelo… . Messa da lui però!".