Gli 8 miliardi di euro del 2019 sono diventati 20 nel 2021 e diventeranno 37 nell’anno appena iniziato. E’ la previsione di Confindustria circa la bolletta energetica che peserà sulle spalle delle aziende italiane. Una situazione che, più del Covid, potrebbe minacciare la ripresa della nostra economia dopo gli stop dovuti ai lockdown, mettendo a rischio la sopravvivenza di intere filiere.
Quella denunciata dall’associazione degli industriali (che per domani, a Cuneo, ha organizzato un incontro coi parlamentari locali e il suo referente nazionale del settore) trova puntuali riscontri nelle testimonianze di alcune tra le realtà produttive più dinamiche della Granda.
Tra queste la Abet Laminati, storica azienda che nella sua sede di viale Industria a Bra occupa direttamente 850 addetti, con un indotto di dimensioni rilevanti, una produzione di laminati (gli impieghi vanno dall’arredamento ai rivestimenti per mobili, strutture pubbliche, ospedali, barche, sino alla realizzazione di cappotti energetici e facciate ventilate) che nel 2021 ha superato i 20 milioni di metri quadrati, per il 60% destinati ai mercati esteri. Numeri che valgono un fatturato consolidato giunto quest’anno a 210 milioni di euro, in crescita del 30% sull’esercizio precedente, l’anno nero della pandemia, quando l’azienda nata nel 1946 con la lavorazione di tannini era riuscita a contenere l’arretramento della produzione in un -10%.
"Con la ripresa del 2021 avremmo fatto anche di meglio – spiega Ettore Bandieri, da anni amministratore delegato dell’azienda controllata dalla famiglia Mazzola –, considerata la mole degli ordinativi cui abbiamo tentato di far fronte in un contesto nel quale abbiamo però dovuto fare i conti con le ben note difficoltà di approvvigionamento delle materie prime, i cui prezzi hanno conseguentemente subito rialzi importanti, e con le analoghe difficoltà scontate sul fronte dei trasporti, con l’impossibilità di trovare container liberi per le nostre spedizioni, ma anche per ricevere la resina e la carta fondamentali per le nostre produzioni, e che acquistiamo per quanto possibile in Italia, ma soprattutto dagli Stati Uniti e dal Nord Europa".
E ora il problema dell’energia.
"Oggi questo è 'il tema', molto di più di quanto non emerga dal dibattito pubblico, che lo sta decisamente sottostimando. Davvero non si è ancora colta la drammaticità di una problematica che rischia di fermare intere filiere. Sembra incredibile a dirsi, ma oggi le aziende energivore sono nella condizione di avere un portafoglio ordini come non lo si vedeva da anni, ma di dover valutare se non sia meglio fermarsi piuttosto che produrre. Perché produrre oggi genera più perdite che non interrompere le produzioni e sobbarcarsi il costo delle casse integrazioni. Non è la nostra intenzione, ma so che alcune aziende ci stanno pensando. E' una situazione allucinante, purtroppo destinata a permanere, visto che segnali positivi non se ne vedono, anzi".
Un’evidenza che è nei numeri, coi prezzi all’ingrosso di un megawattora passati dai 16 euro del 2020 ai 111 del 2021 e quell’energia elettrica, rispettivamente, da 54 a 285 euro (fonte Gse). Il gas che poco più di un anno fa costava 0,29 euro al metro cubo oggi si paga 0,90, con punte superiori di un ulteriore 30% tra Natale e Capodanno.
"Infatti fare due conti è piuttosto semplice, purtroppo – prosegue l’ad Bandieri –. Le aziende cosiddette 'energivore' operano in contesti industriali tradizionali, realtà contraddistinte da una redditività che, quando va bene, consente margini operativi lordi del 12-15% sul fatturato e utili al 5%. Ebbene, so di realtà che stanno pagando sovrapprezzi per l’energia pari o superiori al 5% del loro fatturato annuo. Sovrapprezzo, non prezzo, sia chiaro. Questo è un problema gravissimo. Eppure io non sento una mobilitazione forte, in questa direzione. Siamo molto impegnati a parlare del prossimo Presidente della Repubblica, ma qui, se salta la filiera industriale, forse il problema è più grave".
Altrove va meglio?
"Altri Paesi hanno già reagito. La Francia ha già definito un prezzo dell’energia calmierato per le sue aziende. Ha la sfortuna, in questo momento, di avere due centrali ferme per manutenzioni ma il fatto di avere basato la sua produzione elettrica sul nucleare (al 70%, ndr) la pone in una condizione di vantaggio. La Germania ha abbattuto il prezzo dell’energia dell’85%. E nonostante questo due grossi produttori tedeschi di alluminio, tra le produzioni più energivore, hanno fermato i loro impianti. Decisioni di questo tempo generano effetti a cascata che è difficile controllare".
Quali le soluzioni?
"E’ molto complesso anche solo immaginarle. I problemi di approvvigionamento dipendono da dinamiche elastiche, collegate al rapporto tra domanda e offerta. Cala la marginalità, si guadagna meno, ma in un quadro che si può ancora fronteggiare. Qui invece siamo di fronte a fenomeni di ordine geopolitico che non sono governabili da parte delle aziende, sulla stragrande maggioranza delle quali hanno però impatti economici difficilmente sostenibili. Nel nostro caso, è probabile che arriveremo a fare prezzi indicizzati: manterremo un listino di base, ma alla contrattazione di un ordine dovremmo prevedere una variabile legata agli indici internazionali sull’andamento dei prezzi energetici. E’ una cosa che nel nostro settore non era mai capitata, ma diversamente diventerà impossibile lavorare".
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lavocedialba.it
Economia | 13 gennaio 2022, 13:11
Così la folle corsa dell'energia minaccia le imprese della Granda, Bandieri (Abet Laminati): "A rischio intere filiere"
Costi quintuplicati in un anno stanno portando interi settori a produrre in perdita. L'ad dell'azienda braidese: "Dinamica insostenibile. Listini indicizzati strada obbligata per noi, ma la politica deve intervenire con urgenza"

Storica azienda braidese, la Abet Laminati impegna 850 addetti in una produzione che nel 2021 è arrivata a 20 milioni di metri quadrati di materiali destinati a una vasta serie di impieghi, dall'arredamento ai rivestimenti, sino ai cappotti energetici