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Eventi | 02 dicembre 2021, 09:07

Al Caffè Letterario si legge “La felicità del lupo” del Premio Strega 2016 Paolo Cognetti

La recensione del poeta braidese Bernardo Negro dà ulteriore conferma della bravura di questo autore

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Dopo il Premio Strega 2016 con “Le otto montagne”, ci aspettavamo grandi cose da Paolo Cognetti e non siamo stati delusi.

“La felicità del lupo” (Einaudi, 2021) dà ulteriore conferma di quanto sia straordinario l’autore meneghino.

Anche questo romanzo è suggerito dal poeta braidese Bernardo Negro, che ha dato al pubblico del Caffè Letterario di Bra un taglio preciso e serrato del libro, come quello di una lama perfettamente affilata.

Ecco la sua recensione.

Lo scenario è la Val d’Aosta coi suoi picchi su paesaggi mozzafiato. Un campionario di bizzarra umanità cittadina si ritrova a Fontana Fredda, paese dall’altitudine severa. C’è Fausto, uno scrittore sempre in bilico tra una prosa un po’ effimera ed il successo; Babette, estroversa ed un po’ eversiva, che gestisce la trattoria; Silvia che fa la cameriera, ma che quando è a Milano coltiva ambizioni non sempre chiare neppure a se stessa.

Fausto è un buon cuoco e l’amore con Silvia si presenta puntuale come un’ordinazione al banco. I due si amano gustando la montagna come un dono al loro cuore. Lì si presenta spesso un certo Santorso, montanaro vero che darà il tono a tutta la storia.

Infatti, dopo un banale incidente che gli è occorso, Fausto cerca suoi eventuali parenti e scopre che il Balma, vero nome di Santorso, ha una figlia che si precipita a Fontana Fredda. In breve tempo si viene a sapere che Babette è sua madre e, quindi, compagna seppur non alla luce del sole di Santorso.

Il romanzo si snoda nel giro di un anno con tutte le magiche mutazioni stagionali che si colgono sui monti. Fausto, separato senza figli, torna a volte a Milano come Silvia, mentre Babette sembra voglia lasciare l’indaffarata gestione del locale.

Ma come Fausto, tornerà anche lei mentre le montagne si ripopolano di lupi che lassù sembrano meno feroci con quel sole mite dei mesi estivi che concilia tutte le creature.

Lo scrittore, che non ha mai smesso di vagheggiare intrecci e trame, spera anche nel ritorno di Silvia, ancora a Milano, per dare giusta dimensione alla storia. Il romanzo finisce con la descrizione dei sogni che notte per notte calano sui protagonisti come se soltanto nel sogno si avverasse la vita.

Credo che questo sia il romanzo migliore di Cognetti. Lo stile è incalzante e, al tempo stesso, cadenzato come il passo dei montanari. Merita una lettura appassionata quanto dolcemente viva come una fonte valdostana.

A questo punto è come se la montagna assomigliasse al mare, a cui si fa riferimento in un passaggio del racconto che sembra accogliere tutto della natura, tanto l’immersione tra queste pagine ci fa bene e ci arricchisce.

Silvia Gullino

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