"Ho deciso di andare avanti su questa strada perché sono fermamente convinto che questa sia l’unica scelta possibile nell’interesse del nostro Comune". Con queste parole il sindaco albese Carlo Bo ha anticipato il voto col quale nella serata di ieri (lunedì 20 settembre) il Consiglio comunale albese ha deciso a maggioranza (16 voti contro gli 8 dell’opposizione) l’uscita del Municipio dalla sua più rappresentativa "partecipata", l’Ente Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba.
Una riforma non facile e nemmeno particolarmente popolare, quella cui il primo cittadino ha iniziato a lavorare dai primi mesi 2020, per portarla a compimento nella serata in cui, ironia della sorte, la 91ª edizione della rassegna principe dell’autunno albese viveva la sua anteprima ufficiale col "Capodanno del Tartufo" celebrato quest’anno fuori dai confini langaroli, nella monferrina Moncalvo.
A illustrarne la necessità, prima di lui, era stato l’assessore alle Manifestazioni Emanuele Bolla, chiamato a illustrare le due delibere propedeutiche alla formale fuoriuscita del Comune dall’associazione come "un passaggio molto importante e delicato. perché siamo tutti consapevoli che dietro alla Fiera, oltre a molti anni di storia e memoria della città, c’è il lavoro di chi opera alla sua organizzazione e quello indiretto di moltissime persone e aziende che, da questo importante evento, traggono un importante occasione di reddito". Ma vi è, ha proseguito, "un indispensabile esigenza di armonizzarne l’organizzazione alle normative in essere", ha aggiunto, prima di chiamare l’opposizione a una condivisione che non sarebbe arrivata.
La legge, e per ultima la riforma Madìa, non consentono in sostanza a un ente pubblico di detenere il controllo di un soggetto che, destinatari di cospicui contributi pubblici e arrivato a mettere insieme un "giro d’affari" nell’ordine dei 2 milioni di euro l’anno, opera invece coi crismi del diritto privato, è stata in buona sostanza la motivazione di un passo per definire le modalità del quale l’Amministrazione cittadina si è affidata al parere dell’avvocato e professore torinese Vittorio Barosio, luminare del diritto pubblico e amministrativo, che per un quarto di secolo ha insegnato all’Università di Torino.
NUOVA GOVERNANCE
Al suo parere pro veritate si deve così un percorso che, dopo 19 anni di continua crescita della manifestazione, vedrà il Comune uscire formalmente dall’associazione costituita nel 2003 insieme alla Giostra delle Cento Torri e all’Associazione Commercianti Albesi. Un sodalizio che, con la modifica allo statuto licenziata dall’assemblea, assumerà ora il nome di "Ente Fiera di Alba".
Pur non facendone parte, secondo il nuovo statuto il Municipio conserverà il diritto a nominare tre dei sette membri che ne comporranno un direttivo oggi composto invece da cinque soggetti, tre dei quali di nomina comunale. E tra questi a incidere sull’indicazione del presidente, tramite l’indicazione di una rosa di tre nomi tra i questi andrà individuato.
POTERE DI VETO
Pur uscendo formalmente dal suo controllo, Piazza Duomo conserverà inoltre un potere di veto su possibili successive modifiche allo statuto e quindi alla natura dell’ente. Queste ultime richiederanno infatti l’unanimità da parte di una commissione ad hoc nella quale è prevista la presenza di diritto del sindaco. Ancora, verrà prevista la possibilità, oggi non contemplata, di prevedere un compenso per il suo presidente, che non potrà comunque superare il compenso lordo previsto per gli assessori comunali.
MARCHIO IN LICENZA D’USO
Se finora l’organizzazione della Fiera veniva affidata nelle forme di un contratto di servizio per una prestazione remunerata, d’ora in avanti a regolare i rapporti tra le parti sarà un contratto di licenza d’uso del suo marchio, che è di proprietà del Comune, registrato nel 2016 e ora valutato tra i 230 e 370mila euro, tanto che toccherà al soggetto che andrà a realizzare la manifestazione versare al Comune un canone di concessione (si stima per 30-35mila euro annui).
Tale affidamento sarà "revocabile e ben dettagliato. Lì dentro ci sarà scritto cosa è la Fiera", ha aggiunto l’assessore, spiegando come questo, insieme alla governance, diventerà il principale strumento per mantenere saldo il controllo sull’evento. "Il Comune farà la sua parte, in modo serio, gestendo i problemi che esistono. Il marchio è suo e la Fiera verrà fatta come decide non tanto l’Amministrazione, ma la città. Perché la Fiera è un patrimonio di tutti e non di una parte".
"PERCHE QUESTA FRETTA?"
"Che ci fosse il bisogno di aggiustare le cose siamo tutti convinti, ma perché tutta questa fretta? Perché non aspettare che l’edizione della Fiera alle porte finisse e ragionarci su? Perché disfarsi di un ente che ha sempre portato profitto per la città?", sono stati gli argomenti coi quali l’esponente del Partito Democratico Mario Marano ha inaugurato la serie di interventi coi quali l’opposizione riunita sotto le insegne della coalizione "Uniti per Alba" ha manifestato tutte le proprie riserve sul provvedimento.
"Come è possibile pensare di continuare a influire su un ente dal quale usciamo?", ha proseguito il collega di partito Luigi Garassino. "E perché usciamo, se vogliamo continuare ad avere un ruolo significativo nell’organizzazione della Fiera? A me sembra piuttosto che queste due delibere, specie là dove decidiamo la fuoriuscita del Comune, siano una sorta di abbandono del campo".
"IL COMUNE NON CONTERA’ PIU’ NULLA"
"Definire questa riforma un golpe sarebbe troppo, ma parlare di passo condiviso è ancora tutta un’altra cosa", ha proseguito Fabio Tripaldi (Alba Città per Vivere) secondo il quale "rimane ancora il tema della natura giuridica: era il problema e continua a esserlo", a sua volta anticipato temi ripresi poi dal "dem" Claudio Tibaldi ("Il Comune poteva essere ancora più protagonista. Così invece non abbiamo la certezza di un controllo") e da Olindo Cervella di "Impegno per Alba" ("Una modifica del genere, destinata a toccare interessi corposi, presupponeva che fosse necessario sentire altri pareri, che proponessero almeno un alternativa, e non prevedere un unico menu: la condivisione e il lavoro di squadra che questa sera si auspica non c’è stata").
"Qui – ha chiuso la serie Alberto Gatto (Pd) – non si affronta il problema storico, quello dell’associazione senza scopo di lucro. E non si rende esplicito il ruolo che l’ente dovrà avere nei prossimi anni. I soci resteranno gli attuali, e quindi l’Aca e la Giostra, che peraltro hanno sempre ben lavorato, o ci saranno nuovi ingressi? Questa viene presentata come l’unica riforma possibile, ma io non credo che sia così. Il Comune deve essere parte dell’Ente Fiera, e non uscirne. Così non conterà più nulla. Ho la sensazione che si stia perdendo un’occasione, e in controtendenza rispetto al passato, quando il Comune ha sempre avuto un ruolo determinante nell’organizzare la sua principale manifestazione".
"DIECI ANNI PER FARLO"
"Toccare la Fiera significa toccare molti interessi. E questa Amministrazione ha avuto il coraggio di toccarli, per superare un problema giuridico non più sostenibile. L’opposizione aveva avuto dieci anni di tempo per farlo", ha ribattuto dai banchi della maggioranza Gionni Marengo (Alba Domani), prima che la parola passasse al sindaco.
SOLUZIONE "BLINDATA"
"Il Comune non vuole uscire: deve uscire – ha allora spiegato Carlo Bo, prima che l’assemblea si avviasse al voto –. Oggi, con un marchio di nostra proprietà, dobbiamo dare soldi a un ente perché organizzi questo evento: questa è un’incongruenza, non è corretto. Se quella che stiamo adottato sia la soluzione migliore non lo so dire, ma ci siamo affidati a parere autorevole, che come tale va rispettato. Il Comune sta uscendo dall’ente perché deve farlo, fermo restando che stiamo mantenendo forme di controllo che ci garantiscano di poter incidere nelle scelte future. Ci sono prospetti che fanno sì che nell’ente l’Amministrazione rimanga predominante pur non avendone il controllo. Il primo è il contratto di utilizzo della licenza, che possiamo dare direttamente perché c’è l’elemento di continuità della Giostra. E cosa faranno i soci passerà al vaglio di un comitato nel quale siederà il sindaco: senza il suo voto non passerà alcuna modifica che si volesse apportare allo statuto. Più blindati di così non si può".