Con la fine di agosto e in attesa che dal 21 settembre prenda invece il via ufficialmente la nuova attesa stagione del Tuber Magnatum Pico, anche quest’anno in Piemonte è scattato il cosiddetto "fermo biologico", lo stop alla raccolta di tutte le varietà di tartufo.
Un necessario periodo di “tregua”, previsto dal calendario ufficiale della Regione Piemonte per "evitare un eccessivo sfruttamento dell’ambiente durante un momento fondamentale per la maturazione dei corpi fruttiferi", come sottolineato negli anni dal Centro Nazionale Studi Tartufo e dall’Unione delle Associazioni Trifolao Piemontesi, con la prima a ribadire come “amare e godere del tartufo" significhi anche "rispettare la sua stagionalità e permettere all’ambiente i giusti tempi di attività e riposo".
Sin qui tutto bene, non fosse per la paradossale situazione che riguarda la raccolta e commercializzazione di un’altra varietà, certamente meno nobile ma comunque importante e richiesta da una grande mole di consumatori, il Tuber Aestivum, conosciuta anche come scorzone.
A sottolinearla, ancora una volta, è l’avvocato albese Roberto Ponzio, che nell’ottobre 2020 aveva fatto del tema l’oggetto di una specifica richiesta presentata alla stessa Regione per conto di Tartufo Ok, associazione nazionale nata ad Alba nel 2012 per rappresentare le istanze di associati che, insieme considerati, rappresentano l’80% del mercato italiano del tartufo fresco e dei prodotti trasformati.
"Il problema è che la normativa regionale consente la raccolta del Tartufo Aestivum dal 1° giugno al 31 agosto e quindi dal 21 settembre al 30 novembre. Al contempo una legge nazionale del 1985 vieta forme di commercio di tartufo fresco nei periodi in cui non è consentita la raccolta. E questo diventa un problema nel momento in cui la zona di raccolta e quella di commercializzazione non coincidono, visto che in questo periodo il tartufo nero estivo è in pena maturazione e regioni come la Liguria, il Veneto e la Lombardia, per citarne solo alcune, non prevedono questa sospensione, consentendone invece la raccolta in modo continuativo da maggio a tutto novembre. Ma se un commerciante albese, come accaduto nei mesi scorsi prima che gli venisse sequestrata, acquista una partita in Liguria, non può legittimamente venderla? O se l’avesse acquistata prima del fermo della raccolta, non può smaltirla, una volta scattato il fermo?".
"Ecco – prosegue il legale –, è evidente come una simile situazione finisca per rappresentare un’arbitraria discriminazione in violazione di principi di natura costituzionale, come quelli che tutelano la libertà di iniziativa economica, la libera concorrenza, il divieto di limiti alla circolazione delle merci tra regioni, per non dire della libera circolazione dei prodotti ortofrutticoli nei mercati dei Paesi europei. Va da sé che il regolamento comunitario del 2013 che la contempla debba prevalere sulle normative nazionali e regionali, e in questa direzione andava la richiesta da noi inviata alla Regione Piemonte nell’ottobre scorso, e rimasta da allora lettera morta".
"Un commerciante che smaltisca un carico dovrebbe essere nel lecito – conclude Roberto Ponzio –, come vendere un prodotto ligure o lombardo dovrebbe essere pacificamente consentito anche in Piemonte. Siamo invece di fronte a un quadro normativo fortemente incongruo e che non fa che confermare come la legislazione nazionale del 1985 sia ormai obsoleta, mentre è sempre più urgente che il legislatore metta finalmente mano a una revisione complessiva della normativa che consenta di uscire da questo limbo".
In Breve
lunedì 07 ottobre