Dal quartier generale cuneese di Fratelli d’Italia devono aver fatto un brindisi in anticipo quando hanno saputo del tramonto dell’ipotesi di un accasamento tra le loro fila del presidente della Regione Alberto Cirio.
Da Cuneo l’operazione era stata vista con malcelato disappunto, tant’è che il coordinatore provinciale William Casoni, un paio di mesi fa, si era affrettato a considerare che “Cirio resta dov’è perché Forza Italia ha bisogno di lui e lui può fare ancora tanto per il suo partito”.
Un messaggio chiaro per dire: “grazie, noi cominciamo ad essere in troppi”.
L’arrivo del governatore avrebbe infatti sconquassato Fratelli d’Italia in Piemonte e polverizzato i quadri del partito di Giorgia Meloni nel Cuneese.
Cirio avrebbe portato con sé il senatore Marco Perosino, il vicepresidente del Consiglio regionale Franco Graglia, il sindaco di Alba Carlo Bo, una pletora di sindaci e amministratori locali, bocciofile e Pro loco (non necessariamente soltanto dalla Langa).
Insomma, un vero e proprio tsunami che, con un colpo di spugna, avrebbe cancellato non solo le ambizioni degli ultimi arrivati nei Fratelli ma anche quelle dei dirigenti storici, nonché rimesso in discussione l’intero quadro dei rappresentanti istituzionali.
Ma Cirio – nonostante i consigli (interessati) di Casoni - è consapevole di non poter restare oltre in Forza Italia perché la casa è soggetta a scosse sismiche sempre più intense.
Prima che la casa crolli deve trovare un’altra sistemazione e deve farlo con una certa urgenza.
Chi lo conosce e gli è vicino confida che, annusata l’aria di non gradimento in FdI, ha orientato il suo sguardo altrove.
I successi personali di Giovanni Toti in Liguria e Luca Zaia in Veneto lo hanno indotto a guardare in quella direzione.
Finora la sua carriera politica è stata costellata di successi, ma il mettersi in proprio comporta rischi non indifferenti, anche perché il Piemonte – complice l’emergenza sanitaria – non può ad oggi vantare quell’ “altra velocità” promessa in campagna elettorale.
L’imbarazzo di Cirio in queste settimane non è dunque tanto il timore di sentirsi rinfacciare da Berlusconi, cui deve la candidatura alla presidenza, “tu quoque”, quanto il dover iniziare un nuovo percorso, stavolta in solitaria.