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Attualità | 21 novembre 2020, 11:35

"Non trasformiamo il 25 novembre in un mero atto di commiserazione: la violenza sulle donne deve entrare con forza nel dibattito pubblico"

Riceviamo e pubblichiamo

Foto generica

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Spett. Direttore, 

siamo un gruppo di cittadine e cittadini e vorremmo intervenire sulla circolare di indirizzo sull'aborto farmacologico emanata dalla Regione Piemonte ad inizio ottobre.

Il 2020 è stato caratterizzato, oltre che dalla pandemia, anche dalla decisione della Regione Umbria di intervenire sulle modalità di accesso all'interruzione volontaria di gravidanza, in particolare all'aborto farmacologico, ostacolando l'accesso a tale trattamento con la solita scusa di adempiere allo spirito della legge 194/78, e “tutelare” maggiormente la salute delle donne. Questo ha spinto il Ministero della Sanità ad emanare, ad agosto 2020, nuove linee di indirizzo che neutralizzavano l'interpretazione restrittiva della giunta guidata da Donatella Tesei.

Adesso il Piemonte entra nella partita con una circolare che di fatto va in direzione opposta a quanto disposto dallo Stato in agosto. In particolare la circolare diramata dalla giunta regionale alle aziende sanitarie prevede:

- il divieto somministrazione dell’RU486 all’interno dei consultori, in palese contrasto con le direttive del Ministero della Salute;

- l'attivazione di sportelli informativi gestiti da associazioni “che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita”, facendo esplicito riferimento al Movimento per la vita, una realtà cattolica che rispetto all'IVG consideriamo oltranzista e totalmente disinteressata a una reale libertà di scelta;

- “la valutazione al medico e alla direzione sanitaria delle modalità di ricovero per l’aborto farmacologico”, che di fatto mette in discussione l’accesso alla RU486 in regime di day hospital, con il timore che l’altissimo numero di medici obiettori utilizzi questa possibilità per ostacolare l’accesso al trattamento;

Questa circolare si inscrive in un contesto già problematico, dove nei fatti il percorso dell'IVG è una lotta contro il tempo e contro la burocrazia; il movimento di “Non Una di Meno”, che ha sostenuto una manifestazione a Torino contro la circolare regionale, riporta le percentuali di medici obiettori nelle ASL torinesi: l’84,6% nella ASL TO1, il 69,2% nella ASL TO2, il 61,53% in TO3, il 68,96% in TO 4.il 61, 20% in TO 5. Nelle altre province piemontesi è peggio: a Novara c'è 1 (un) solo medico non obiettore, ad Alessandria 2, a Cuneo 3; questo causa spesso l'impossibilità di praticare l’aborto in interi ospedali, quando i medici in questione non sono in turno.

La manifestazione del 31 ottobre davanti al palazzo della Regione, cui alcuni tra i firmatari hanno partecipato, aveva l'obiettivo di portare alla Giunta la richiesta di ritirare la circolare. E' stata partecipata, sia in termini numerici, sia in termini di creatività ed energia profusa. E' stato fatto un baccano tutto sommato festoso, considerata la rabbia di molte manifestanti, che si sentivano toccate nella loro libertà di autodeterminazione. Il tutto, ci teniamo a sottolineare, rispettando il distanziamento sociale e indossando la mascherina. E per urlare con su la mascherina, le assicuriamo Direttore, bisogna proprio crederci. Credere alla possibilità di una società in cui la contraccezione, l'educazione sessuale, l'accesso alle cure ginecologiche e le interruzioni volontarie di gravidanza siano gestite con equilibrio, apertura ed attenzione alle reali esigenze delle persone, in modo non ideologico e purificato dal senso di colpa.

Andiamo verso la chiusura di questa lettera con un richiamo al 25 novembre, ricorrenza della Giornata mondiale per l'eliminazione della violenza sulle donne, istituita dall'ONU nel 1999. L'argomento, ci rendiamo conto, è vastissimo ed impossibile da trattare qui. Però qualcosa la proviamo a dire. Ogni volta che la società incontra una fase di difficoltà economica il peso maggiore si scarica sulla sua componente femminile: in questi mesi migliaia di donne sono state costrette a licenziarsi per potersi dedicare al lavoro di cura e assistenza, molto spesso dei figli costretti a casa dalla chiusura delle scuole; inoltre con il lockdown le segnalazioni di casi di violenza intrafamiliare (che significa donne e bambini) sono aumentate e, contemporaneamente, le richieste d’aiuto sono diminuite, segno della maggior difficoltà ad accedere a servizi di sostegno.

Nonostante i flussi migratori siano principalmente femminili, la visibilità delle migranti è oscurata, sia dalla propaganda anti-migranti, sia dalla tripla discriminazione di cui sono oggetto, di genere, etnica e lavorativa, dato che i lavori prevalenti tra le immigrate sono di tipo domestico e di cura; che vuol dire più facilmente occultabili e più facilmente sfruttabili. Per non parlare del fenomeno della prostituzione non volontaria. Le destre populiste, che purtroppo oggi vanno di moda, si distinguono per la tendenza a gonfiare i muscoli nei confronti dei deboli, troppo spesso questi deboli sono le donne; quelle Polacche, cui va tutta la nostra solidarietà,  lottano quotidianamente per strada da settimane contro la decisione del governo di vietare l’aborto tout court, anche in caso di malformazione del feto, e su questa lotta i nostri media hanno colpevolmente taciuto.

Dentro all’apparato dello stato ogni tanto si assiste all'alzata di ingegno di qualche magistrato che considera una minigonna, oppure uno stato di ubriachezza, un consenso automatico al rapporto sessuale, ammorbidendo per questi motivi il giudizio sugli stupratori.

Al momento in cui scriviamo non è ancora chiaro se il prossimo 25 novembre sarà possibile organizzare manifestazioni. Vorremmo comunque attirare l'attenzione su quanto sia fondamentale per la vita di tutta la società la tutela, la protezione ed il benessere della sua componente femminile, quella che Nuto Revelli chiamerebbe ancora oggi l'anello forte, ma che sembra si debba guadagnare il diritto alla considerazione solo dopo dure lotte.

Chiediamo a tutte e tutti di non trasformare l’occasione del 25 novembre in un mero atto di commiserazione che nasce e muore in se stesso, ma in un moto d’orgoglio e consapevolezza, che possa portare in primo piano nel dibattito pubblico una questione trasversale, quella della violenza sulle donne nella società attuale, che è grave ed endemica, che si manifesta nelle periferie esistenziali come nelle stanze del potere. E di cui nessuno può in coscienza lavarsi le mani.

Cordialmente,

Benedetta Schiavone, Germano Chiotti, Giulia Gallina, Marco Rondoni, Sara Armando

Al Direttore

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