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Sanità | 06 novembre 2020, 11:26

Medici di base allo stremo: "Siamo stati lasciati soli a gestire la pandemia"

A Racconigi su otto medici, quattro sono a casa in quarantena. Ellena: "Siamo pochi e non possiamo essere sostituiti, servono almeno corsie preferenziali per avere i risultati dei tamponi"

Medici di base allo stremo: "Siamo stati lasciati soli a gestire la pandemia"

Medici di base sempre più tempestati di chiamate, in prima linea, ma in molti costretti a casa dal virus o in attesa dell’esito del tampone. Rispetto alla prima ondata, l’epidemia da Covid si è rivelata più estesa del previsto e ha portato con sé un'“ansia” generale che mette ancora più in crisi il sistema della medicina di prossimità.

Patrizia Ellena è uno dei gli ultimi medici di base attivi a Racconigi, ieri mattina la notizia del quarto collega su otto che presenta sintomi legati al Covid e che dovrà stare a casa in attesa del risultato del tampone.

“Siamo sottoposti a uno stress sempre maggiore e siamo lasciati soli a dover gestire sul territorio un problema come una pandemia - spiega Ellena -. In questo momento avremmo bisogno di più medici all’interno delle Usca, quella del distretto nord-est (in tutta la CN1 i distretti sono 4) che copre da Fossano a Racconigi conta solo quindici medici reperibili dalle 8 alle 20, troppo pochi per l’emergenza sanitaria che stiamo vivendo. Inoltre, avremmo bisogno di corsie preferenziali per i medici che devono fare il tampone. Non possiamo permetterci di rimanere così tanto in attesa visto che non ci sono sostituti medici formati disponibili. Se ci ammalassimo tutti, Racconigi in questo momento resterebbe senza medici”. 

“La sensazione che abbiamo è che nessuno si renda conto di cosa vuole dire lavorare sul territorio. Noi siamo a diretto contatto con il paziente, seguo famiglie intere da trent’anni con cui c’è un rapporto di fiducia, ma comunque dover comunicare in maniera efficace con oltre 1.500 persone diverse è impensabile"

"Troppe richieste per i tamponi, i tempi si allungano generando ritardi"

"Eppure, noi siamo qui, siamo quelli a cui il pubblico si rivolge per primo. In queste settimane, abbiamo visto il cambiamento rispetto alla prima ondata, quando erano tutti più impauriti e chiamavano al telefono ma sempre per urgenze ed avevano timore a recarsi in ambulatorio, timore giustificato tant’è che le visite programmate presso gli ambulatori ospedalieri sono state tutte bloccate. Gestiamo via telefono i sintomi dei pazienti che si teme abbiamo contratto il Covid perché se si va dal paziente è molto facile il contagio reciproco. Ad aprile sono nate le Usca, le Unità speciali di continuità, proprio per agire direttamente sul territorio, ma il personale è troppo scarso anche numericamente. Se devo fare una diagnosi differenziale su una febbre, posso temporeggiare qualche giorno, poi deve essere visitato, ma se si ha un territorio grande e troppe richieste, l’USCA lo metterà in coda ritardando la visita e l’eventuale tampone a domicilio, nei pazienti meno gravi può essere contrattato e inviato all’hotspot di competenza per eseguire il tampone in Drive in. Gli Hotspot sono presenti sia per i pazienti inviati dall’Usca, sia dal SISP (Ufficio di Igiene e Sanità Pubblica). Ora anche i Medici di Medicina Generale li possono inviare, ma attraverso una complicata prenotazione sul portale regionale. Il problema è però che ci sono moltissime richieste ed i tempi per l’esecuzione e l’elaborazione dei dati si allungano sempre più, da qui i numerosi ritardi”.  

Nel frattempo continua l'assistenza per le altre patologie 

“C’è poi da dire - spiega Ellena - che abbiamo proprio percepito un cambiamento verso una generale ansia e agitazione che è trasversale e arriva da tutti gli strati sociali e le fasce di età. La gente si reca da noi e anche in pronto soccorso a volte per delle situazioni decisamente poco gravi intasando il sistema sanitario. Adesso siamo tempestati di chiamate, mail e messaggi, non solo relativi a sintomi da Covid, ma anche ovviamente alle altre patologie. Oltre infatti alle gestione della pandemia noi continuiamo con le diagnosi e le cure a pazienti che hanno anche malattie gravi”. 

Tamponi rapidi: troppo margine di errore 

C’è poi la questione dei tamponi rapidi che dovrebbero essere fatti anche dai medici di base “All’inizio della scuola si era presentato lo stesso problema con i sierologici, dovevamo farli noi, ma perchè? Se li facciamo e poi ci risulta un positivo come facciamo? Noi non abbiamo la struttura di un ospedale per procedere alla sanificazione dell’ambulatorio. Per i tamponi rapidi si presentano più o meno gli stessi problemi. Intanto, come facciamo ad evitare gli assembramenti in locali come quelli condominiali dove la maggior parte dei miei colleghi hanno lo studio? E secondariamente, i tamponi rapidi, a differenza di quelli molecolari, hanno troppo margine di errore. E’ vero che danno un risultato in venti minuti, ma non sono così precisi nei fattori di sensibilità e specificità. Sono un’arma a doppio taglio e presentano numeri preoccupanti sui falsi negativi. Se ho un paziente positivo comunque gli devo far fare il tampone molecolare, mentre se ho un falso negativo, come purtroppo spesso succede, me lo perdo e lo mando in giro lo stesso.  L’incertezza del risultato è un grave rischio. Per ora noi non ne abbiamo ancora eseguito nessuno, ma si prospetta una diatriba lunga tra Asl e medici di medicina generale”. 

Attesa per la seconda tranche dei vaccini antinfluenzali 

Ma le polemiche tra Asl, Regione e medici di base non finiscono qui. L’ultima quella sulla campagna antinfluenzale, partita il 26 ottobre. "Dopo aver eseguito metà dei vaccini della prima tranche, arrivata il 26 ottobre, potevamo chiederne una seconda ed in seguito una terza tranche per quelli mancanti. La pubblicità mediatica sulla necessità di fare la vaccinazione ha creato aspettative presso la popolazione avente diritto che impaziente ‘preme’ con telefonate e visite in ambulatorio in un clima di ansia generalizzata". 

"Siamo poi stati sollecitati a fare i vaccini non negli ambulatori, ma a trovare un modo in cui non ci fossero assembramenti, qui a Racconigi ad esempio ci siamo messi d’accordo con la Croce Rossa Italiana. Ci siamo adoperati tra tutta la cittadinanza, è stata una bella cooperazione, ma a quel punto la Regione non ha mandato la seconda tranche di vaccini. D’accordo che c’è tempo fino a dicembre, ma noi nel mentre abbiamo messo su un’organizzazione importante e siamo qui che aspettiamo le altre dosi. Se laRegione sapeva che non poteva farceli avere in questi tempi, poteva iniziare la campagna vaccinale dopo, a volte basta davvero poco". 

"Sono convinta ci siano delle criticità che non posso vedere ovviamente, ma l’impressione è proprio che non si abbia idea di quello che noi facciamo sul territorio. Non temiamo il lavoro - conclude Ellena -  neanche di ammalarci, ma le cose imposte vanno ragionate”.  

Chiara Gallo

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