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Al Direttore | 19 maggio 2020, 07:59

A branchi si aggirano, anche sulle nostre colline, le paure, globalizzate... Attenti al lupo!!! Sempre!

Riceviamo e pubblichiamo

A branchi si aggirano, anche sulle nostre colline, le paure, globalizzate... Attenti al lupo!!! Sempre!

Credo che tutto quello che proviene dal di fuori dei confini della nostra Comunità, come derrate alimentari, macchinari, piante e persone, si possa definire extracomunitaria. Siamo noi italiani, del resto, tra i promotori della «globalizzazione», «liberali», aperti al «libero commercio»... Si parla di grandi opportunità commerciali, ad esempio per grosse aziende, le società di distribuzione, ma non senza contraddizione, come la rovina di centinaia di piccole aziende agricole... Vi è chi promuove i prodotti locali e chi il cibo «spazzatura»... C’è chi si inchina a chi proviene da altri Paesi e si compra la nostra terra, le aziende, i palazzi e le persone, ma vorrebbe tenere fuori chi arriva povero da noi e vorrebbe trovare una opportunità, lavorare.

Ci sono persone che dedicano il loro tempo ad aiutare i bisognosi ed altre che,  per puro egoismo, inducono le masse alla paura del «diverso», dello «straniero», con il risultato che centinaia di bambine, donne ed uomini diventano alimento per i pesci del Mediterraneo, tanto che gli amanti del «sushi» finiscono per lamentare uno strano gusto, africano e medio-orientale...

Ormai la paura è nel nostro sangue, e non troviamo abbastanza volontà per guarirne, pur sapendo che l’unica cosa di cui dobbiamo avere paura è la paura stessa.

 

Ci portiamo avanti paure ancestrali, dei nostri avi più remoti, ad esempio quella del lupo. Il nostro eterno antagonista, che grazie alla paura indotta, religiosa e laica, non riusciamo a scrollarci di dosso... Un esempio è un fatto accaduto su queste alture in queste ultime settimane.

Viene avvistato uno di questi animali in zona. Un testimone la racconta così: «Era un lupo, ma non sembrava “dei nostri”». In una azienda, dove inizia la pianura, specializzata nella cura di caprioli «in convalescenza», hanno spiegato: «Il lupo ha superato la recinzione alta più di due metri. Ha ucciso tre caprioli e se ne è andato via. Non sapevo che i lupi scalassero anche le recinzioni!». Più a monte, in altra azienda, allevamento, il lupo sbrana quattro, forse cinque, pecore... «Aveva le zampe lunghe, più alte dei nostri soliti lupi... Così mi è parso...».


Esiste il cane lupo cecoslovacco, nato nel 1955, primo esperimento biologico di incrocio tra il pastore tedesco ed il lupo dei Carpazi. Nel 1965 fu predisposto il piano per l’allevamento. Nel 1982 il cane lupo cecoslovacco fu riconosciuto come razza. Ha pregi, e difetti: «maturazione lenta, ritardo di apprendimento, esperto nella raffinata arte del disastro». Così almeno tirava le conclusioni il responsabile del progetto cecoslovacco, colonnello Karel Hartl.

Il lupo avvistato non potrebbe essere uno dei risultati di tale esperimento, o di uno affine? Sfuggito al proprietario come è già successo ad altri cani lupo, gli «aski», importati?

Viene facile gridare, genericamente, «al lupo, al lupo!». Che pensare?

Il cane ci ha impiegato centinaia di migliaia di anni per diventare quello che l’uomo considera suo amico, eppure in alcuni vi è ancora l’istinto degli avi, del predatore...

È paura non solo consapevole quella che riguarda i cambiamenti alimentari, ma anche forzata ed indotta. Consapevole è quella di chi è cosciente del fatto che, dopo due secoli di industrializzazione e relativo inquinamento, abbiamo accelerato il «cambiamento»... Dobbiamo rallentare e riflettere su quale strada indicare a chi proseguirà il nostro cammino...

La paura appartiene a chi, egoisticamente, sostiene, indossando i «paraocchi», che i cambiamenti climatici «sono sempre avvenuti», comportandosi come ha sempre fatto...

È indotta, voluta, da chi ci specula, cercando di arraffare tutto quanto possibile, facendo e dicendo di tutto, ed il contrario di tutto...


Eppure una giovane pianticella originaria delle regioni centrali della Cina (quindi extracomunitaria), chiamata «Paulonia», per la prima volta, ha dato un tocco di colore ad una locale abetaia... Altre sue sorelle si preparano alla fioritura. Patiscono il gelo prolungato, quello degli inverni di un tempo... Eppure è circa una decina di anni che un uccello ne ha trapiantato in collina i semi... Cambiamenti climatici? Forse. Sicuramente questi son troppo lenti per far paura... Molto più veloce fu la diffusione del cinipide, importato, ad inizio millennio, da stupidi umani, che terrorizzò anche i castagnicoltori cuneesi (ma tutti in Italia, sin alla Sicilia, allargandosi di anno in anno)...

Fu paura genuina, ma anche speculativa...

Da tre mesi tutto il mondo è colonizzato da un «esserino» invisibile chiamato «Coronavirus».

Visto che la corona pare averla davvero, si può supporre che sia il re dei virus...

Sino a che era in Cina, dove fu individuato all’inizio, non è che a noi importasse tanto... C’era chi diceva: «Qualche migliaio di morti... I cinesi son così tanti...».

Ci siamo preoccupati quando lo abbiamo notato svolazzare intorno casa nostra, e lo resteremo ancora per un bel po’...

La storia la conosciamo: migliaia di morti anche da noi, soprattutto anziani e debilitati, centinaia di migliaia di contagiati, danni alla economia...

Curioso è il fatto che ci abbiano messo settanta anni a creare il «benessere», una società con il denaro come solo «Dio protettore» (attorniato da corte di speculatori di ogni genere), e che in cento giorni tutto «vada a ramengo»... Pare che le «fondamenta» del sistema non siano solide come si pensava, forse nel «calcedenaro» mancavano alcuni ingredienti, come umanità, altruismo, umiltà... Autodefinendosi «Sapiens sapiens», l’uomo moderno, forse, ha peccato di superbia... Magari un «Sapiens» solo bastava... Il secondo ce lo attribuiranno i posteri se sapremo invertire la marcia...


Sandro Dutto – Dutu – Vallone Cerati, Boves

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