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Attualità | 02 aprile 2020, 18:03

Lucrezia Tavella: dai Mondiali di bob in Germania alla lotta in ospedale contro il coronavirus

Originaria di Sommariva del Bosco, adesso vive a Chivasso. Lavora 12 ore al giorno. "A fare paura è la solitudine in cui siamo confinati da settimane"

Lucrezia Tavella: dai Mondiali di bob in Germania alla lotta in ospedale contro il coronavirus

Quando quest’estate ha lasciato il posto fisso per inseguire la sua carriera di sportiva tutti l’hanno presa un po’ per “pazza”. Poi però l’emergenza coronavirus è arrivata pure in Italia, in Piemonte, nel suo paese, per cui ha deciso di tornare in campo, a combattere tra le corsie di un ospedale.
Lontano da tutti, dagli amici, dalla famiglia. Dagli allenamenti di bob, disciplina invernale che consiste nella guida di uno slittino di 180 chili.

“Non ho paura per me, sono giovane, ho vissuto sei mesi in luoghi dove la temperatura era meno dieci gradi, il coronavirus non mi ammazzerà”,  sdrammatizza Lucrezia Tavella, 30 anni a luglio, operatrice socio sanitaria all’ospedale di Chivasso e campionessa di bob artificiale. 

Originaria di Sommariva del Bosco, in provincia di Cuneo, vive e lavora nella città dei nocciolini da due anni. Da sempre appassionata di sport, ha praticato atletica fino ai 20 anni, per poi specializzarsi nel Crossfit a livello agonistico, una disciplina che tra le altre cose prevede allenamenti ad alta intensità ed il sollevamento di pesi molto elevati e che ha praticato fino a luglio. La scorsa estate è stata reclutata dal tecnico di bob artificiale Giovanni Mulassano. “Cercava nuovi talenti per la squadra femminile – spiega -. Così ho abbandonato il mio lavoro e ho accettato questa nuova sfida”.

Lucrezia corre nel bob a due e il suo ruolo è quello della frenatrice, ovvero il posto dietro al pilota. Da novembre, e fino a febbraio, ha partecipato a competizioni in giro per l’Europa, ottenendo anche grandi risultati.

Siamo arrivate seste e none nella Coppa Europa a Sigulda" e hanno anche partecipato ai Mondiali di Altenberg in Germania. Il 23 febbraio è rientrata in Italia ed il giorno dopo è stata richiamata dall’ospedale.

Mi mancava lavorare in ospedale e sapendo la situazione in cui ci trovavamo a causa del coronavirus non ho esitato e ho subito accettato”, dice. Non nega però che il lavoro non sia pesante. “Io sono un jolly, non lavoro in un reparto preciso, ma mi sposto dove c’è bisogno. Quando mi trovo in Pronto Soccorso, capita di lavorare fino a 12 ore ma con i miei colleghi formiamo una bella squadra. Ci sosteniamo a vicenda nei momenti difficili”.

Nonostante questo, però, non si sente un’eroina.

Faccio semplicemente il mio lavoro, quello che ho sempre fatto e che continuo a fare”.

A fare paura però è quella solitudine a cui siamo confinati da settimane: “La mia vita è scandita dal mio lavoro, quando sono a casa non vedo l’ora di tornare in corsia”. Nelle sue ore libere, cerca di tenersi in forma con gli allenamenti inviati dal coach, “ma dopo tutte quelle ore in ospedale è quasi impossibile riuscirci”.

Lucrezia è però speranzosa e sa che fra qualche mese tutto tornerà alla normalità. La prima cosa che farà sarà tornare ad allenarsi per raggiungere il suo sogno, entrare in un corpo militare con il bob e andare alle olimpiadi del 2022. “E, naturalmente, abbracciare la mia famiglia”.

Nel frattempo, ringrazia quanti stanno donando all’ospedale, compresa la sua società sportiva.

Grazie alla solidarietà delle associazioni e delle persone riusciamo ad avere i dispositivi di sicurezza che ci servono per lavorare”.

Antonia Gorgoglione

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