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Attualità | 10 febbraio 2020, 17:38

Bra, nella giornata del Ricordo, cerimonia e cordoglio per tutte le vittime delle Foibe (Foto)

Nella mattina di lunedì 10 febbraio, in piazza Martiri delle Foibe, la deposizione della corona da parte del sindaco Fogliato e la testimonianza dell’esule Luciana Rizzotti

Bra, nella giornata del Ricordo, cerimonia e cordoglio per tutte le vittime delle Foibe (Foto)

La città di Bra ha celebrato nella mattina di oggi (lunedì 10 febbraio) il Giorno del Ricordo. La manifestazione ha voluto rinnovare la memoria della tragedia dei fratelli istriani, giuliani, dalmati, vittime delle foibe. È in queste cavità carsiche di origine naturale con un ingresso a strapiombo, che fra il 1943 e il 1947 furono gettati, vivi e morti, quasi diecimila italiani.

Una tragedia dimenticata dalla storia fino al 2004, quando il Parlamento italiano, con la Legge 30 marzo 2004 n. 92, diede vita al Giorno del Ricordo, una solennità civile, celebrata il 10 febbraio, per osservare “ La memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati, nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”.

L’appuntamento, iniziato con la Messa al Santuario della Madonna dei Fiori, ha visto la presenza della popolazione, di associazioni combattentistiche e d’Arma, delle Forze dell’Ordine e delle Istituzioni municipali guidate dal sindaco Gianni Fogliato.

Al termine, il primo cittadino ha deposto una corona commemorativa a lato della targa in marmo nella piazzetta dedicata ai Martiri delle Foibe. L’orazione di Gianni Fogliato ha voluto rimarcare il dramma degli esuli, auspicando che la memoria di questi fatti non venga celebrata solo in una data, ma resti sempre viva in ognuno di noi.

All’evento ha preso parte anche Luciana Rizzotti, concittadina che ha vissuto in prima persona la tragedia delle foibe e che ha trovato a Bra una seconda casa, nella quale continua a mantenere acceso il ricordo della sua esperienza.

La decisione di istituire il Giorno del Ricordo il 10 febbraio venne presa il 30 marzo 2004 dal Presidente della Repubblica Italiana Carlo Azeglio Ciampi per tenere viva la memoria delle vittime nel secondo dopoguerra sul confine orientale e dell’esodo degli istriani, fiumani e dalmati dalle loro terre in seguito all’avanzata dell’esercito di Tito.

 

Al termine della seconda guerra mondiale, le città italiane di Fiume e Zara e la penisola d’Istria vennero cedute alla Jugoslavia. Ciò comportò una serie molto lunga di violenze da parte dei partigiani comunisti guidati da Josip Broz, conosciuto come Tito, nei confronti di tutti coloro che erano considerati nemici della costituzione di una federazione comunista jugoslava sotto la leadership di gruppi dirigenti di origine serba.

Due furono le ondate di epurazione su base etnica e nazionalistica da parte di Tito. La prima ondata si ebbe nell’autunno del 1943 e interessò principalmente l’Istria, dove accanto a squadristi e gerarchi fascisti vengono prelevati i possidenti e chiunque potesse far ricordare l’amministrazione italiana, che nei decenni precedenti aveva creato non pochi problemi.

La seconda ondata di violenze, invece, ebbe inizio nel maggio 1945 con l’arrivo delle truppe jugoslave in Venezia Giulia. Le rappresaglie colpirono, soprattutto, i soldati della neonata Repubblica Sociale, ma anche tutti coloro che furono accusati di collaborazionismo con i regimi nazifascisti, e alcuni partigiani italiani, rei di non accettare l’egemonia jugoslava.

Nel periodo tra il 1943 e il 1947 gli esuli italiani costretti a lasciare le loro case sono stati almeno 250mila con circa 20mila vittime. Diverse migliaia tra queste, tra le 4mila e le 6mila, hanno perso la vita all’interno delle foibe.

Secondo le ricostruzioni, i condannati venivano legati l’uno all’altro con un lungo fil di ferro stretto ai polsi e disposti lungo gli argini delle foibe. A quel punto i membri delle milizie titine erano soliti sparare solo ad alcuni di loro, che una volta colpiti cadevano nelle grotte portandosi dietro l’intera fila. In molti sono morti tra crudeli sofferenze, dopo giorni ammassati sui cadaveri degli altri condannati.

Foto di Luciano Cravero




Silvia Gullino

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