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Agricoltura | 03 settembre 2019, 07:30

A Castello di Viola Marco Bozzolo, 29 anni, laureato, dal 2016 coltiva gli splendidi castagneti di famiglia (FOTO E VIDEO)

Di quei boschi se ne sono occupate tante generazioni prima di lui: si presume dal 1200 anche se non esistono scritti che lo documentino. Ora gli danno una mano, a livello famigliare e nel tempo libero, il papà Ettore, il fratello Sandro e lo zio Gianpiero. Coltiva 15 ettari e produce 300 quintali di castagne all’anno. La vendita, che è stata la scelta strategica di Marco, avviene in modo diretto ai negozi e ai consumatori. La chicca dell’azienda è il castagneto didattico dove si spiega l’intero processo produttivo. Un’agricoltura faticosa, ma ricca di soddisfazioni per la magica bellezza dei luoghi che regala emozioni impagabili

Marco ed Ettore all'interno del castagno di 500 anni nello spazio didattico

Marco ed Ettore all'interno del castagno di 500 anni nello spazio didattico

Quando la bellezza della natura esplode ti trovi in un mondo inconsueto e incontaminato che regala emozioni straordinarie. E’ un mondo magico che scopri e comprendi solo se lo vedi in prima persona. Siamo in Valle Mongia, frazione Castello nel Comune di Viola. Passeggiando nei boschi di montagna capisci il significato della tanta fatica messa in campo per lavorare in quelle zone. Un’agricoltura davvero eroica al limite dell’impegno umano.

Lì, tra i 700 e i 1000 metri di quota, ci sono i 15 ettari di castagneto, parte in proprietà e parte in affitto, dell’azienda agricola gestita da Marco Bozzolo: 29 anni, diploma in ragioneria con un anno di lezioni svolte a Houston negli Stati Uniti grazie alla borsa di studio del Banco Azzoaglio di Ceva; poi la laurea triennale in Economia e Commercio a Genova e il master in Economia dell’Ambiente e dello Sviluppo a Siena con un focus proprio sul castagno e il turismo enogastronomico.

Marco, che conduce l’attività dal 2016, ha sempre un sorriso luminoso sul volto: segno dello straripante entusiasmo di chi ama profondamente il proprio lavoro e la propria terra. Lo aiutano, a livello famigliare e nel tempo libero, il papà Ettore, 61 anni, anch’egli ragioniere e un breve percorso universitario in Agraria, il fratello Sandro, 33 anni, documentarista con il dottorato di ricerca in Migrazioni e Processi Interculturali conseguito a Genova e lo zio Gianpiero, 68 anni. La mamma di Marco, Mirella, 54 anni, ha un’altra occupazione.  

La storia dell’attività parte da molto lontano. “Si racconta - sottolinea papà Ettore - che la coltura del castagneto in questa zona si sia diffusa già dal 1200 grazie ai monaci cistercensi dell’Abbazia di Casotto. Della nostra famiglia non abbiamo scritti che lo documentino, ma di sicuro si è occupata di castagne probabilmente già da quel periodo. Quindi, da tantissime generazioni. I genitori di mio padre, Giovanni e Anna, parlavano spesso del lavoro degli antenati. L’attività l’hanno proseguita loro. E poi è andata avanti con mio papà e mia mamma: Lorenzo e Anselma”.

Nel 1997 papà Lorenzo raggiunge i cieli dell’infinito. Ettore e Gianpiero, fin da piccoli danno sempre un mano nel castagneto, però, in quel periodo,  lavorano come dipendenti in altre aziende. La famiglia deve decidere il futuro di quei frammentati appezzamenti di bosco. “Sono nato nei castagni - dice Ettore - e mio padre è stato uno dei pochi a continuare l’attività negli Anni Ottanta-Novanta quando tutti li abbandonavano. Mi è sembrato un dovere proseguirla anche perché comunque ho sempre avuto la passione per questo mestiere. E’ il mio mondo e non tornerei assolutamente indietro nella scelta. Ho continuato la tradizione di tante generazioni di famiglia che, al contrario, sarebbe andata persa. Vivo a contatto con la natura e poi questo è un lavoro che se fai qualcosa ti ripaga non sempre a livello economico, ma sempre per la bellezza che ti circonda”.

E’ contento della scelta di Marco? “Per chi vuole bene alla terra vedere che il lavoro di secoli prosegue con il proprio figlio è una soddisfazione straordinaria. E poi lui lo fa bene. A livello commerciale, grazie anche ai nuovi mezzi informatici, è riuscito a entrare in mercati impossibili da raggiungere con i sistemi tradizionali. Ad esempio attraverso la vendita diretta. E questa è stata la scelta vincente in quanto i nostri vecchi hanno abbandonato la montagna non perché non la amassero, ma solo per il fatto che non dava più un reddito dignitoso”.

Ettore e Marco appartengono alla comunità “Custodi dei Castagneti” di Slow Food, che ha l’obiettivo, insieme al Comizio Agrario di Mondovì, di salvaguardare la biodiversità e recuperare le antiche varietà di castagno della zona: una trentina. Una sorta di archivio vivente. Con altri rappresentanti della struttura associativa stanno allestendo un campo a Bagnasco dove le stesse piante vengono messe a dimora e si stanno impegnando nel recuperare aree omogenee di castagneti. Perché quei boschi costituiscono una risorsa preziosa dal punto di vista del patrimonio culturale. Da non perdere. A cui si aggiunge l’altrettanto importante aspetto legato alla promozione turistica.

L’antica cascina dei Bozzolo a Castello di Viola risale al 1700. Papà Ettore e Marco iniziano a ristrutturarla nel 2010. Prima l’abitazione e, dopo, il punto vendita, l’essiccatoio delle castagne (in piemontese “Scau”) e  il laboratorio di trasformazione. Quest’ultimo locale serve per la cernita e il confezionamento del frutto secco e per lavorare una piccola quantità di miele ottenuta dalle arnie collocate nei boschi.  

LA SCELTA DI MARCO

Come mai un laureato inizia a occuparsi di castagneti e di agricoltura eroica? Risponde Marco: “Sono nato e cresciuto qua e, anche quando ero in giro per studio, ho sempre avuto l’idea di ritornare. Soprattutto durante l’Università mi sono reso conto del grande potenziale del castagno. E’ un settore caduto completamente nel dimenticatoio, ma, al contrario, si presta molto bene a una valorizzazione turistico-enogastronomica. Pure per la bellezza dei luoghi. E poi, devo essere onesto, mi pareva triste pensare che un percorso portato avanti da generazioni e generazioni di famiglia finisse per colpa della mia generazione. A ciò si aggiunge la passione che mi ha trasmesso papà. Quando hai la fortuna di fare il lavoro che ti piace puoi dire di aver intrapreso la scelta giusta ”.

Quando è diventato titolare ha cambiato il modo di produrre? “Papà conduceva il castagneto, raccoglieva il prodotto e lo vendeva al grossista. Mi sono detto: così non si va da nessuna parte. Dobbiamo arrivare direttamente al consumatore perché il grossista ti dice: “Lasciami il raccolto, al prezzo ci pensiamo in seguito”. In questo modo l’azienda non poteva reggere. Ettore mi ha dato carta bianca e allora, dal 2016, ho iniziato a cambiare i meccanismi dell’attività”.  

I CASTAGNI SI "ALLEVANO"

Ettore e Marco hanno maturato un’idea: i castagni non si coltivano, ma si "allevano". Per quale motivo? “Il castagno - rispondono - nasce sempre selvatico, poi viene addomesticato dall’uomo attraverso l’innesto. Certo con questo intervento creiamo dolore agli alberi, però loro lo capiscono che lo fai per dopo prendertene cura. E così sono pronti a ricompensarti con tanti doni: i frutti, la legna e la bellezza dei luoghi dove crescono. Per questo motivo riteniamo sia più corretto il termine "allevare" in quanto le piante le accudisci fin dall’inizio come fossero preziose creature viventi di Madre Natura. Così come i castagneti abbandonati non si recuperano, ma si riportano alla luce. Lo riteniamo un concetto biblico. E poi rappresentano una ricchezza per l’uomo ma anche per gli animali che, nei boschi, ci vivono numerosi. Creando un equilibrio naturale”.   

I CASTAGNETI TUTTI BIOLOGICI E TENUTI COME UN GIARDINO

Tutti i castagneti dell’azienda sono tenuti come un giardino. L’erba viene inizialmente diminuita di consistenza grazie a un paio di malgari che portano i loro animali a brucarla. Il taglio viene completato utilizzando il decespugliatore nelle aree in pendenza e il tagliaerba classico, anche se un poco più robusto a livello meccanico, negli spazi più piani, ma, comunque, non proprio ben  livellati.

Affermano Marco ed Ettore:“Non usiamo sostanze chimiche. La coltivazione è totalmente biologica. Siamo sempre stati bio e non c’è mai stato lo sfruttamento del terreno. Possiamo dire che è ancora quello dei monaci del 1200. Tutto ciò è fantastico e costituisce un buon motivo per continuare a preservarlo. Dove abbiamo i castagneti non esistono possibilità di inquinamento atmosferico. Tra gli animali utili pronti a darci una mano nell’estirpare le malattie c’è il picchio. Quando capisce che la pianta ha delle difficoltà interviene con il suo becco. L’altra operazione da effettuare per sradicare i problemi è l’intervento chirurgico: cioè la potatura. Il castagno, come tutte le piante da frutta, va curato seguendo certe regole. Carlin Petrini le chiama le buone pratiche dei contadini”.

E aggiunge Marco: “Per mio padre il castagneto è come una famiglia dove devono convivere in simbiosi piante giovani, piante adulte e piante anziane. Una grande verità. Questo mi ha insegnato e questo sto continuando a fare anche io”. 

I boschi non sono recintati? “E’ stata una scelta aziendale per lasciare a tutti l’opportunità di ammirare la bellezza di questo immenso patrimonio, che è della comunità e deve essere condiviso.  Chiediamo solo il rispetto del nostro lavoro e di non abbandonare i rifiuti nei terreni”.      

LA PERLA PREZIOSA DEL CASTAGNETO DIDATTICO

La sorpresa più bella dei castagneti dell’azienda la regala quello didattico: un fazzoletto di mezzo ettaro a pochi chilometri dalla frazione di Castello e dall’abitazione dei Bozzolo. Una perla preziosa. Il manto erboso è un tappeto spettacolare, sempre pulito per accogliere gli ospiti nel modo migliore.

Ettore e Marco, attraverso sprazzi di fantasia e di genialità creativa,  spiegano ai visitatori, turisti e allievi delle scuole, il processo produttivo: dall’innesto alla raccolta, all’essiccazione delle castagne. Si comprende molto bene la fatica quotidiana del loro lavoro. E se hai fortuna ti imbatti in qualche fungo, perché il bosco è sempre generoso di frutti e di doni. Durante il percorso alberi antichi e giovani riservano meraviglie inattese. Come le sculture in legno dello gnomo e di tanti animali realizzate da un artista amico della famiglia e appese ai fusti e ai rami.

Su tutte le piante spicca un castagno di almeno 500 anni, tra i più grandi a livello di dimensione della Valle Mongia e scavato internamente alla base. Rappresenta la storia di quei boschi e, sotto certi aspetti, anche quella della famiglia Bozzolo. Il capostipite e la colonna portante di un lungo e affascinante cammino dell’uomo nel tempo e del tempo nella natura.

“Questo appezzamento - osservano Ettore e Marco - era totalmente abbandonato e non riuscivi a muoverti dentro. Lo abbiamo acquistato nel 2001 e fatto diventare il nostro biglietto da visita. Raccontiamo il nostro lavoro e questo mondo fantastico con un approccio divertente in modo da creare interesse in chi ci ascolta. Soprattutto tra gli studenti più piccoli”.  

Nel didattico ci sono anche castagni innestati con varietà di altri territori regionali? “Non per produrle, ma per amicizia verso questi “colleghi” e per scambiarci le reciproche esperienze. Il castagno, infatti, è una pianta presente in tutta Italia e unisce il nostro Paese forse più del vino e dell’olivo”.

Per la visita è consigliato telefonare prima al numero 338 8289845 o scrivere alla mail: info@marcobozzolo.com

Nel video la raccolta delle castagne e lo spazio didattico dove Marco ed Ettore spiegano il loro lavoro a turisti e studenti

LA PRODUZIONE SOLO DI QUALITA’ E TOTALMENTE SALUBRE

Nei 15 ettari di produzione, tutta di estrema qualità e garantita sotto il profilo della sicurezza alimentare, prevale all’85% la coltura della castagna Garessina (nome botanico Gabbiana) che caratterizza le Valli Mongia, Tanaro e Casotto. Il resto dell’impianto produttivo è rappresentato da altre varietà. L’azienda ne produce, in totale, 300 quintali all’anno. Cento quintali sono smerciati freschi con la buccia. Invece 200 quintali vengono essiccati nello "Scau". Il processo comporta la diminuzione del peso a 70 quintali di castagne secche che poi vengono confezionate. Un fiore all’occhiello dell’azienda. E una quindicina di quintali sono trasformati in creme, sciroppati e farina di castagne. Quest’ultima, attraverso il lavoro di altre ditte certificate, diventa la base di torte e biscotti. Anche queste lavorazioni si effettuano totalmente in modo naturale e nell’ottica della qualità. Con il controllo completo della filiera.

La raccolta delle castagne si svolge a mano dove le pendenze sono scoscese e con il carro semovente nelle zone più pianeggianti. Parte a metà settembre e si conclude, con le specie tardive, a novembre. Durante lo stesso periodo si procede con l’essiccazione a lotti, che si conclude a dicembre. Tutta la vendita avviene direttamente al consumatore nel punto di smercio a Castello, sempre aperto (consigliabile avvertire al 338 8289845) e attraverso una cinquantina di negozi specializzati della zona e di alcune grandi città come Torino, Milano e Genova.

“Però - dice Marco - il mio sogno è di riuscire a esportare negli Stati Uniti. Anche perché dall’Albese arrivano tanti ospiti di quella nazione a visitare il castagneto didattico. E questa è una straordinaria opportunità di farci conoscere e apprezzare: un investimento per il futuro. Perché la parte turistica diventerà porzione sempre più integrante di quella produttiva. Il Piemonte ha delle eccellenze straordinarie, ma gli agricoltori devono promuoverle uniti”.   

L’ESSICCAZIONE

Per essiccare le castagne Marco ed Ettore utilizzano l’antico metodo naturale dello “Scau”. Si tratta di un piccolo fabbricato che un tempo era direttamente costruito accanto al castagneto con pietre, terra e legno. Nel didattico lo si può ancora ammirare e i Bozzolo hanno intenzione di ristrutturarlo per farne un Ecomuseo.

Ma ora, per poter lavorare, hanno recuperato quello del 1800 di una trentina di metri quadrati a Castello, vicino all’abitazione. E’ diviso in due parti, separate da un graticcio. Nella superiore si sistema uno strato di 40 centimetri di castagne fresche. In quella inferiore c’è una caldaia la quale, a fuoco lento, sviluppa calore alimentata con le bucce del frutto immagazzinate durante l’anno precedente. L’operazione dura 40 giorni. Le castagne assorbono un leggero e piacevole retrogusto di affumicato. E’ un sistema tutto naturale che, adesso, quasi sempre viene sostituito dal metodo industriale più comodo e veloce (tre giorni).

“La Garessina - dicono Marco ed Ettore - si presta molto bene all’essiccazione in quanto la buccia si toglie agevolmente e non patisce troppo i cambiamenti delle condizioni meteorologiche. I 40 giorni di fuoco e di fumo costituiscono la ricetta segreta alla base della lavorazione artigianale. I lavori effettuati piano, con amore, passione e impegno sono quelli che riescono meglio”.  

PROBLEMI E SODDISFAZIONI

Marco: “Il problema maggiore è il tempo libero che manca. La mia ragazza studia Medicina a Torino, ma non verrebbe mai ad abitare a Castello. In un’ottica futura mi sto chiedendo cosa potrà accadere. Però la base dalla quale partire con le riflessioni è che io di qua non mi muovo. Poi, tra le difficoltà ci sono la burocrazia  e le lungaggini incredibili che si trascina dietro. La soddisfazione più grande è quella di proseguire un’attività portata avanti da secoli e di ridare vita a paesi il cui destino sarebbe quello di rimanere abbandonati entro pochi anni. Ridando il senso di comunità. Petrini, quando è venuto a trovarci, ha detto: “A Castello deve aprire un’osteria come centro di aggregazione”. E l’unica chiave per dare concretezza alle sue parole è quella di puntare sulla formula turistica”.   

L’ESPERIENZA DI INTRECCI

Lo scorso anno, l’azienda di Marco Bozzolo e altre cinque imprese agricole monregalesi sono state protagoniste del progetto “Intrecci Solidali” (leggi qui). La Carta Etica che hanno firmato, le impegna a “intrecciare” i percorsi, le conoscenze e i prodotti di qualità per favorire lo sviluppo della zona in cui operano, la solidarietà e l’integrazione. “L’esperienza di Intrecci - spiega Marco - è stata e continua a essere molto positiva, perché ci consente di crescere come aziende e di trovare nuovi canali di vendita. Un percorso da proseguire anche in futuro”.     

ABITARE IN MONTAGNA E ABITARE LA MONTAGNA

“Nel mondo attuale - conclude Marco - le persone abbastanza fortunate possiedono un terrazzino nell’appartamento di casa, quelle ancora più fortunate un giardino. Noi ci ritroviamo ad avere a disposizione una vallata intera, quindi siamo proprio tanto fortunati. Anche se logisticamente abitiamo lontani da molti servizi. Inoltre, c’è il vantaggio di non dover chiudere la porta di casa con la chiave. Perché, anche se le persone rimaste a viverci sono poche, esiste il senso della protezione reciproca delle proprietà. Tra i contadini si crea una forte solidarietà. Il problema delle terre alte è la mancanza di giovani: a Castello su 80 abitanti siamo in cinque”.  

C’è in Marco tutta quella saggezza montanara e contadina, infarcita di poesia, trasmessagli da papà Ettore e dalle tante generazioni di famiglia che hanno faticato in quei castagneti. Lui ha scelto di rimanere lì consapevole delle difficoltà, ma anche fiducioso per un futuro tutto da costruire. La sua determinazione potrà solo regalargli tante occasioni di crescita per l’azienda. Unite alla gioia di donare a chi la visita l’immagine di un mondo meraviglioso e lontano dai rumori e dallo stress della vita quotidiana in città.         

Sergio Peirone

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