In riferimento alle proteste degli amministratori dei comuni che hanno proceduto alle fusioni, premettendo che ogni comune è libero di associarsi come meglio crede, non possiamo non rilevare che da anni ANPCI consiglia di porre molta attenzione prima di procedere in tal senso.
La necessità di fusione è stata creata ad hoc per far sparire dalla carta geografica i piccoli comuni con la loro storia, cultura, tradizioni millenarie, alimentando una febbre dell’oro, oro temporaneo e non garantito gestito in totale e assoluta discrezionalità dal Comune di maggiore dimensione demografica.
Senza i folli contributi statali e regionali seriamente i comuni avrebbero mai pensato di fondersi?
Davvero si è potuto credere che lo Stato potesse erogare, in piena spending review e procedura di infrazione europea, come nel paese di Bengodi, tutti quei milioni ?
Prima di imboccare una strada senza ritorno occorreva leggere bene le norme: Art 20 dl 95/2012 comma 1 e smi che stabilivano un importo nei limiti degli stanziamenti finanziari previsti in misura comunque non superiore a 1.5 milioni di euro.
Da anni portiamo avanti la battaglia contro questa finta spending review, dimostrando che i piccoli comuni non hanno bisogno di tutori che impongono o spingono verso le unioni e le fusioni, strumenti che, oltre a generare maggiori costi, riducono gli spazi di democrazia diretta nella nostra amata Italia.
Abbiamo segnalato ripetutamente che: “I piccoli Comuni che si fondono con quelli più grandi quasi certamente hanno assunto tale decisione con il miraggio di ottenere i contributi straordinari che Stato e Regioni hanno stanziato a tale scopo senza rendersi conto che questi contributi, prima o poi, sarebbero stati ridotti e che gli stessi venivano comunque corrisposti solo a partire dall’anno successivo all’istituzione del nuovo Comune risultante dalla fusione, cioè quando il Comune piccolo veniva già incorporato sparendo per sempre”.
Franca Biglio
presidente ANPCI