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Sanità | 06 aprile 2020, 12:52

Fronte del Covid: i primari di Verduno ci raccontano i primi giorni di vita del nuovo ospedale (FOTO E VIDEO)

Giuseppe Cornara e Ivo Casagranda, due professionisti di grande esperienza, guidano la trentina di medici chiamati a far funzionare la struttura langarola, polmone della sanità piemontese in emergenza

Giovanni Monchiero, commissario straordinario per l'apertura dell'ospedale (Ph Barbara Guazzone)

Giovanni Monchiero, commissario straordinario per l'apertura dell'ospedale (Ph Barbara Guazzone)

Da 15 che erano venerdì, sono ormai una ventina i pazienti ricoverati nel "covid hospital" di Verduno. Un ospedale aperto in tutta fretta, dopo quindici anni di attesa, con l’intento di farne un "polmone" utile a liberare posti preziosi nelle rianimazioni e nei reparti ospedalieri dell’intera regione, decongestionando così un sistema sanitario messo sotto pressione dal picco di ricoveri di queste settimane.

Un numero comunque in continua crescita, giorno dopo giorno, insieme alle autoambulanze che in questi giorni hanno iniziato a imboccare l’erta salita che conduce al grande agglomerato costruito ai piedi del piccolo centro langarolo.

La struttura è guidata dal dottor Ivo Casagranda, per quello che riguarda la parte di degenza dei pazienti Covid, e dal dottor Giuseppe Cornara, responsabile del reparto Rianimazione. "Due professionisti di grande esperienza – come sottolinea il commissario per l’apertura dell’ospedale Giovanni Monchiero – provenienti rispettivamente dalle aziende ospedaliere di Alessandria e Cuneo".

Ai loro ordini opera un team composto da altri quattro medici "senior" e quindi una squadra di 15 giovani medici neolaureati, "un terzo dei quali ha comunque già alle spalle qualche esperienza", spiega il dottor Casagranda, "cosicché riusciamo a comporre gruppi che possano condurre il giro clinico accompagnati sempre da un medico esperto”.

Assieme ai giovani medici neolaureati, attraverso il contingente della Protezione Civile sono poi arrivati altri 7 medici provenienti da Toscana, Sicilia e Sardegna. "In questo caso tutte figure con un buon bagaglio di esperienza, anche se non specialistica".

Riguardo al ricovero dei pazienti il dottor Casagranda spiega che "per il momento abbiamo un approccio graduale, che ci consente di formare al meglio tutta l’équipe di lavoro. La struttura è a cosiddetta 'bassa intensità’ – aggiunge con riguardo al genere di pazienti in arrivo –. Sono persone che hanno ormai superato la fase acuta della malattia, sono in via di guarigione, hanno esiti della patologia da Covid, mentre si portano dietro problematiche legate ad altre patologie pregresse, soprattutto nel caso delle persone anziane”.

 

 

 

L’EMERGENZA IN PIEMONTE

"Quale sia l’attuale situazione della malattia in Piemonteaggiunge ancora il dottor Casagranda – lo si può osservare non tanto dal numero dei positivi accertati, perché intanto è aumentato anche il numero dei tamponi effettuati, quanto piuttosto dagli accessi agli ospedali, che fortunatamente stanno diminuendo anche in aree fortemente più critiche, come quella di Bergamo".

Sul cosiddetto "raggiungimento del picco", il dottor Cornara spiega invece che probabilmente non si potrà parlare di un unico momento
. "Ce ne saranno sicuramente diversi – spiega –, magari meno intensi come numero di persone coinvolte, che metteranno meno sotto stress il sistema sanitario, ma di quanti e di che durata ad oggi non possiamo saperlo. Abbiamo sentito che si avvicenderanno con scansioni di due mesi, ma è un’affermazione da prendere con le molle. Non possiamo dire quando. Prima o poi tutte le cose finiscono, ma il 'quando' non credo che possiamo prevederlo, in questo momento”.

 

 

PRONTA ANCHE LA RIANIMAZIONE

Verduno è comunque pronto e attivo, nel reparto di rianimazione si sta terminando di allestire i posti-letto. “Abbiamo letti ad altissime prestazioni – spiega ancora il dottor Cornara –, tra i migliori in commercio, se non i migliori. Postazioni che permettono di fare tutta una serie di movimenti, tra cui mettere seduto il paziente. Ogni letto è dotato di un monitor multi parametrico, che rileva tutta una serie di parametri sul paziente in terapia intensiva: polso, pressione arteriosa, frequenza cardiaca, saturazione, frequenza respiratoria, elettrocardiogramma”.
Poi c’è l’apparato più importante: “il ventilatore per la terapia intensiva, che è un apparecchio ad alte prestazioni, in grado di assicurare a tutti i pazienti la ventilazione in tutte le condizioni cliniche”.


MASCHERINE E REGIONI

Uscendo dai reparti di Verduno e parlando coi due specialisti di dispositivi di protezione individuale e dell’opportunità del loro utilizzo soprattutto da parte di cittadini il dottor Casagranda spiega che “non esistono – perché si stanno ancora studiando – lavori scientifici che dicano che questo va bene e quello non va bene. L’avere o meno le risorse condiziona completamente quelli che poi sono gli indirizzi intrapresi in questo momento dai vari Paesi. Nel senso che se un Paese non ha le mascherine, dirà solo di fare il distanziamento. Se uno non ha i Dpi, dirà che per avvicinare gli ammalati basterà un camice di tal fatta. Mai come adesso si è visto che i provvedimenti presi dipendono dalle risorse disponibili”. 


“E quindi teniamoci stretto il nostro sistema sanitario nazionale – aggiunge il dottor Cornara – e mi permetto di dire che un frangente simile suggerirebbe di non avere venti sistemi sanitari regionali, ma un unico sistema sanitario nazionale”. Un punto sul quale conviene anche il collega: “Nell’ambito sanitario il fatto di avere venti sistemi crea problemi, banalmente, di comunicazione: le vaccinazioni che sono obbligatorie di qui e non sono obbligatorie di là, ad esempio. Rischi di non capirci niente…”.


MONCHIERO: ALBESI SARANNO FIERI DI QUESTA STRUTTURA

Chiude il nostro servizio il commissario Giovanni Monchiero: “Noi albesi siamo felicissimi che questa struttura, che abbiamo inseguito per quindici anni, finalmente abbia aperto, anche se in un contesto che nessuno di noi avrebbe mai auspicato. Questa tragedia, questa grave epidemia che mette in difficoltà e purtroppo porta anche alla morte molte persone, specialmente i più anziani, è una tristissima occasione".

 


 

"Questo è stato il destino – riprende il commissario –, ma credo che anche in questa occasione questo ospedale possa dare la prova di essere una struttura moderna, accogliente, realizzata in un luogo bellissimo, che possa anche contribuire a portare alla guarigione definitiva persone che, quando vengono qui, hanno superato già la fase più critica della malattia. E credo che il livello di accoglienza che possiamo offrire qui, al di là di tutti gli aspetti clinici, possa essere anch’esso un elemento per favorire la guarigione”.

 

 

 

 

Servizio di Andrea Olimpi - Foto di Barbara Guazzone

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