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Economia | 07 settembre 2019, 20:51

Più educazione finanziaria se si vogliono più investimenti nelle PMI

Tra il dire e il fare, insomma, c’è di mezzo l’educazione finanziaria

Più educazione finanziaria se si vogliono più investimenti nelle PMI

Più investimenti privati nelle piccole imprese? Tra il dire e il fare c’è di mezzo l’educazione... finanziaria

Uno dei punti programmatici del nuovo governo Pd-5 stelle intende incentivare l’afflusso di capitali privati verso le aziende medio-piccole: una strategia che avrà successo soltanto consentendo ai risparmiatori di scegliere in base ai profili di rischio. E inglobando stabilmente nella nostra legislazione la disciplina educativa portata avanti dal Banchiere scrittore Ghisolfi con i Lessico-Tour di imminente ripresa.

“Favorire gli investimenti privati, ancora troppo lontani dalla media europea, in start up e piccole e medie imprese innovative”. Dice così il punto numero 24 dell’intesa programmatica del nuovo governo “giallo-rosso” tra Pd e 5 stelle.

Del resto, adesso che il “sismografo” dello spread è tornato a tracciare una linea discendente dello stesso – nella differenza tra i rendimenti dei nostri BTP e delle equivalente obbligazioni pubbliche tedesche o Bund – e che la Banca Centrale Europea ha confermato la linea dei bassi tassi e addirittura dei tassi negativi sui conti correnti per incentivare consumi e investimenti, la fase sembra essere davvero quella più propizia per dare vita a provvedimenti che incoraggino il risparmio privato a puntare di più nella direzione del sostegno all’economia reale, espressione questa che poi alla fin fine sottintende la sottoscrizione di prodotti e strumenti orientati a finanziare le realtà aziendali nuove e quelle ad alto tasso di innovazione tecnologica.

Esiste già un primo tentativo che è stato adottato con questo obiettivo: con l’introduzione dei “Pir”, i Piani individuali di risparmio, in vigore dal 2017, la legge ha previsto dei sostanziosi incentivi fiscali ai cittadini che scelgono di destinare una quota dei propri risparmi, per almeno 5 anni, investendoli con questa modalità che si prefigge di far arrivare capitali – in forma azionaria o di obbligazioni – alle aziende italiane e alle PMI. I “fondi Pir” sono amministrati da società di gestione del risparmio (Sgr) e nei primi due anni di esistenza hanno registrato l’adesione di 800.000 sottoscrittori per un totale di oltre 15 miliardi di euro raccolti.

Numeri incoraggianti, ma che testimoniano come sia ancora parecchia la strada da percorrere per fare in modo che il risparmio privato italiano – caratteristica distintiva del nostro Paese anche nel confronto europeo – si rivolga a quei mercati finanziari più vicini alle esigenze delle aziende medio-piccole.

Tra il dire e il fare, insomma, c’è di mezzo l’educazione finanziaria, che nel nuovo scenario dei bassi tassi e dello spread calmierato è destinata – per esempio con i “Lessico Tour” itineranti che saranno presto ripresi dal Banchiere europeo e scrittore saggista Beppe Ghisolfi – a svolgere un ruolo di informazione e di consapevolezza del rischio che sarà senza dubbio alcuno decisivo al fine di avvicinare ancor più, naturalmente con il ruolo mediano del settore bancario, i risparmiatori agli imprenditori.

Che sia la volta buona del definitivo inserimento, una volta per tutte, di questa materia nella nostra legislazione, parte integrante e necessaria delle strategie informative e promozionali che dovranno essere assunte se davvero s’intende dare attuazione al punto sui maggiori investimenti privati nelle PMI?

comunicato stampa

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