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Sanità | 04 maggio 2019, 08:00

Olio di palma...amico o nemico? Impariamo a conoscerlo. A cura di Simona Oberto

Parliamo di uno degli ingredienti che in questi ultimi anni è stato messo sotto accusa ed è stato tema di dibattiti anche molto accesi! Sto parlando dell’olio di palma.

Olio di palma...amico o nemico? Impariamo a conoscerlo. A cura di Simona Oberto

La Nutrigenomica ci insegna come utilizzare il cibo come potente “strumento di salute”. Nel DNA esistono circa 35.000 geni, la maggior parte dei quali funzionano in relazione alla qualità del cibo ingerito. Un cibo che porta una informazione diretta alle nostre cellule. Il problema è che il “cibo moderno” è altamente processato e addizionato di sostanze genotossiche che non contengono più le informazioni giuste e parlano un linguaggio che il nostro organismo non riconosce.

Questa mancata comunicazione sta causando un’inevitabile processo di “disequilibrio molecolare” alla base di tutte le patologie cronico degenerative! Quindi quando decidiamo di acquistare un alimento, la domanda che dobbiamo porci è: quali nutrienti contiene questo cibo? Perché lo stesso alimento a seconda della lavorazione che ha subito, può contenere sostanze citotossiche o citoprotettive. Vi faccio un esempio pratico. Parliamo di uno degli ingredienti che in questi ultimi anni è stato messo sotto accusa ed è stato tema di dibattiti anche molto accesi! Sto parlando dell’olio di palma. In realtà sull’argomento c’è ancora molta confusione. Da un lato, c’è chi tende a demonizzarlo per l’elevato contenuto di acidi grassi saturi (circa il 50% del totale), poco salutari perché tendono a far alzare i livelli di colesterolo e trigliceridi nel sangue.

Dall’altro, c’è chi minimizza il tutto, sottolineando il fatto che contiene una buona percentuale di precursori delle vitamine A ed E, potenti antiossidanti. Dunque cerchiamo di fare un po’di chiarezza. La prima domanda che dobbiamo porci è: di quale olio di palma stiamo parlando, del prodotto naturale integrale o di quello raffinato? L’olio di palma grezzo, spremuto a freddo, è un olio vegetale commestibile ricavato dalla polpa dei frutti di palma, di consistenza semi-solida a temperatura ambiente. Ha un colore rossastro dovuto all’alto contenuto di carotenoidi e tocoferoli che lo rendono un prodotto naturale e per certi aspetti anche salutare per contrastare lievi carenze vitaminiche. Bisogna dire che non ha particolari controindicazioni, ma, come qualsiasi altra fonte di grassi saturi (nel suo caso parliamo di acido palmitico), non deve essere usato, se in presenza di patologie come l’ipercolesterolomia, la steatosi e le cardiopatie. Tutt’altra cosa è l’olio di palma raffinato, usato a livello industriale. Si perché parliamo di un olio bifrazionato che si ottiene mediante un processo industriale a caldo, che lo rende fluido e giallo come un comune olio di semi. In questo processo di raffinazione, l’olio di palma perde purtroppo tutta la sua componente di antiossidanti, mantenendo solo la frazione di grassi saturi.

Le aziende lo utilizzano essenzialmente come olio di frittura o come ingrediente per la preparazione di moltissimi prodotti, poiché si tratta di un ingrediente poco costoso e comodo da utilizzare sulla base delle sue caratteristiche organolettiche e della consistenza. Per questo motivo negli ultimi decenni i prodotti a base di olio di palma hanno invaso i supermercati: soprattutto prodotti da forno come merendine e biscotti, creme spalmabili e gelati confezionati, non risparmiando neanche il settore biologico. Le ragioni del suo boom derivano appunto dal fatto che è un olio a bassissimo costo con una resa produttiva e commerciale molto elevata, più della soia e del girasole. Fino a qualche anno fa le industrie potevano indicare la presenza di quest’olio sotto la dicitura generica “grassi vegetali”. Escamotage che ha funzionato fino al dicembre 2014, data in cui una precisa norma europea ha sancito l’obbligo di indicarne chiaramente la presenza in etichetta, senza però l’obbligo di indicarne la quantità.

Dal punto di vista nutrigenomico, il problema dell'olio di palma raffinato è rappresentato dalla grande quantità di grassi saturi che fornisce all’organismo e dalla presenza di sostanze citotossiche che si formano nel processo di raffinazione ad alte temperature. E visto che è presente in un gran numero di prodotti alimentari, il rischio è veramente elevato, con la conseguenza di un incremento di molecole infiammatorie circolanti nel sangue che favoriscono lo sviluppo di patologie cardiovascolari, aterosclerosi, diabete e persino tumori. Molti studi scientifici ne comprovano la pericolosità in alti dosaggi. La stessa Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha sollevato diverse perplessità a tal proposito, sostenendo che l'olio di palma (assieme ad altri oli vegetali e margarine usate nell'industria alimentare) farebbe particolarmente male soprattutto ai bimbi e agli adolescenti, grandi consumatori di snack e merendine.

Un allarme, questo lanciato dall'Efsa, raccolto dalla maggior parte delle grandi catene alimentari che, hanno sospeso la produzione dei loro prodotti con olio di palma, sostituendolo con burro, olio di girasole, burro di cacao, di mais e olio d’oliva. Ma i dubbi sull’utilizzo o meno di quest’olio non riguardano solo il settore alimentare, perché l’olio di palma è l'olio vegetale più usato al mondo, anche nel settore cosmetico, energetico, farmaceutico e persino nella produzione di mangimi. Purtroppo questa altissima richiesta ha comportato e comporta tutt’oggi un massiccio abbattimento delle foreste pluviali del Sud-Est asiatico per far spazio alle nuove piantagioni e le conseguenze si misurano in termini di biodiversità: la distruzione dell’habitat di numerose specie tra cui l’orango, l’impennata di gas serra nell’atmosfera e lo stravolgimento dell’assetto idrogeologico del territorio. Ma un aspetto positivo c’è! Grazie alle sue caratteristiche chimiche, infatti l’olio di palma, quello raffinato, per i suoi bassi costi di produzione, ha destato numerosi interessi in campo industriale anche nell’ambito delle energie rinnovabili.

Perchè, attraverso un processo chimico detto di transesterificazione che consente di tramutare i grassi in composti infiammabili, un olio vegetale, come l’olio di palma, potrebbe essere utilizzato per la produzione di biodiesel. Il biodiesel possiede caratteristiche molto simili al diesel derivante dal comune petrolio ma è molto meno costoso e inquinante! E allora perché non pensare di farlo diventare una importante fonte di energia rinnovabile anziché l’ingrediente base di molti nostri snack quotidiani?

Simona Oberto cura il sito web www.cibocuranaturale.com e la pagina facebook "Il tuo coach alimentare".

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